[Italian P0rn Fest #4] Masterlist
Dec. 20th, 2010 04:38 pm![[identity profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/openid.png)
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La pagina della masterlist è QUI. Leggete scrupolosamente il regolamento e le istruzioni prima di inserire le vostre fic nella lista.
Qui in basso, nei commenti, postate invece le fic. Ricordate di seguire le regole di postaggio indicate qui (scarsissime come sempre, vi facciamo fare il cappero che volete) e per il resto divertitevi! Le fic postate qui sotto non vanno ripostate a parte in community.
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RPF CALCIO Fernando Torres/Steven Gerrard/Xabi Alonso, gelosia
Date: 2011-01-06 05:12 am (UTC)[Inizio e fine (http://community.livejournal.com/disamistade/64881.html)]
[...]
Xabi scivola via da sotto le braccia di Fernando e gattona sul letto fino a raggiungere Stevie, fino a baciarlo, piano e profondamente e Dio, Stevie ha bisogno di ammazzare qualcuno e vorrebbe morire quando riconosce sulle sue labbra un sapore che non è Xabi: gli prende il viso tra le mani e lo spinge sul letto, – Xabi mugola, Fernando ridacchia, – gli aggredisce la bocca con un bacio famelico, pretendendo la sua lingua e ristabilendo ciò che è buono e giusto, e cioè che Xabi sappia di Xabi, e tutt’al più di Stevie.
Fernando gli scivola accanto, posando un bacio lieve su una guancia di Stevie, e poi risalendo verso l’orecchio; Xabi intreccia le dita di una mano ai capelli sulla nuca di Stevie, l’altra che prende a vagargli gentilmente sulla schiena, e Stevie grugnisce, allontanandosi dalla sua bocca quel tanto che basta per guardarlo – perdersi nei suoi occhi liquidi e nerissimi e ritrovarci Xabi, ubriaco perso ed eccitato ma Xabi, imbarazzato e silenzioso e, sopratutto, suo.
Stevie sospira, un po’ più convinto, e si volta e cattura la bocca di Fernando per un bacio breve, asciutto – significa, ‘questo è quanto puoi prenderti’; significa, ‘vedi di fartelo bastare’.
[...]
Xabi mugola ancora, inarcando la schiena e premendosi tutto contro il corpo di Stevie, e Stevie è così preso dal godersi la sensazione che quasi non s’accorge delle mani di Fernando che gli si arrampicano sui fianchi e poi in avanti, fino a stringersi alla base della sua erezione. Stevie allora geme piano, Xabi lo guarda, confuso, per un attimo, poi lo bacia ancora e sul sesso di Stevie ora ci sono tre mani, Fernando-Xabi-Fernando, e poi due, Fernando-Xabi, perché Fernando adesso sta giocando anche con Xabi e oh, Dio, Dio, Dio.
Xabi si separa da Stevie con un gemito vocale e meraviglioso, e Stevie gli bacia il mento spolverato di barba, scende lungo il collo, lambisce il petto con la lingua e poi lo bacia, disegnando il profilo dei suoi muscoli con le labbra, con un dito, godendo del modo in cui Xabi si tende e si agita piano, venendo incontro al suo viso. Fernando gli si sistema accanto e anche lui con la bocca segue il percorso tracciato da Stevie; Xabi geme più forte, più profondamente, più lentamente, e Stevie è così perso su di lui che non si preoccupa di scendere troppo, non gl’importa che sia Xabi che Fernando perdano la presa tra le sue gambe, perché affonda il naso nel bassoventre di Xabi ed è pieno del suo odore inconfondibile ed è il suo giardino dell’Eden e lui potrebbe benissimo essere morto quando lecca appena la punta del sesso di Xabi e alle orecchie gli arriva il suo lamento di piacere, languido e sensuale.
[...]
«Te quiero,» bisbiglia Xabi, e Stevie non è tanto stupido, non è tanto ignorante, ma Fernando appoggia la bocca la suo orecchio e traduce:
«Ti amo.»
Stevie brontola, Xabi ride, poi lo guarda in un modo che vuol dire soltanto una cosa e Stevie lo bacia – lo prepara alla meno peggio con due dita, ma a Xabi piace, Stevie è ancora capace di leggergli le voglie sul viso, negli occhi, – e poi lo sta già prendendo, seduto sui talloni, con le mani strette ai suoi fianchi tanto da lasciargli lividi e un brivido interminabile che gli piove deliziosamente lungo la spina dorsale.
Xabi si stringe meravigliosamente attorno a lui, e poi geme in quel modo roco e intossicante che Stevie si sogna pure la notte; s’inarca, si muove, pretende tutto da Stevie e lui riesce solo ad assecondare gli scatti secchi dei suoi fianchi, andandogli incontro, seguendo il suo ritmo, e chiude gli occhi, perso sulla sua pelle e nel suo odore buono, e, quando Xabi geme un po’ più forte per una sua spinta un po’ più profonda, lo guarda, ma vede solo la schiena di Fernando – Fernando, che è riuscito ad incastrarsi tra di loro, calandosi piano sul sesso di Xabi e Stevie sente la gelosia corrodergli le ossa e quasi si ferma, ma le mani di Xabi si stringono alle sue, un attimo dopo, e lui si rilassa, riesce quasi ad incantarsi a guardare i muscoli della schiena di Fernando guizzare sotto la sua pelle bianca, tesa e imperlata di sudore per lo sforzo, per il piacere.
[...]
KINGDOM HEARTS: Sephiroth/Xemnas, il più forte
Date: 2011-01-06 09:12 am (UTC)Estraggo la mia Masamune, la mia lunga katana, sempre al mio fianco, dalle origini fino al giorno del giudizio, in cui tutti torneremo al Pianeta.
Stupida ombra senza cuore. Ignorante. Venirmi a parlare di potere, di supremazia, di sentimenti e nobili cause? Le nobili cause le ho abbandonate da un pezzo, la supremazia… Cosa me ne importa della supremazia, ho il potere per distruggere il mondo, mi basta e avanza. E tu, insignificante essere, osi addirittura chiedermi di gioire alla tua causa, di provare la mia forza contro la tua? Povero illuso! Importunarmi può essere pericoloso, sfidarmi a chi è il più forte…? Non sai quello che fai, idiota. La tua non-vita finisce qui.
Non muore, il bastardo. L'ho massacrato, ma dalla sua stessa ombra, dalle sue stesse antiche paure, lui rinasce.
Non importa, il modo per vincere l'ho in pugno, l'ho a portata di mano. Lo strattono, lo abbasso al mio potere, all'altezza del mio orgoglio, lo obbligo a leccarlo.
"Puttana." Mi sorge dalle labbra. "Svanisci."
I suoi occhi arancioni e luminosi, come due fiamme, mi guardano imploranti, ma soddisfatti. Spingo più a fondo, voglio che il mio membro gli arrivi nello stomaco. Sento il fondo della sua gola, o forse solo un altro vortice d'oscurità.
"Puttana."
Gli apro il vestito macchiato di bianco, di quell'orribile bianco immacolato. Lo spingo a terra, mi posiziono dietro di lui ed affondo nelle spire d'ombra che sono il suo corpo. Sembra che le membra appartenenti ad un glorioso leader inesistente di una ciurma di disperati impalpabili non gradiscano l'intrusione. Spingo a fondo, il mio membro che si muove dentro e fuori, che raggiunge veloce l'orgasmo, neanche poi molto desiderato.
Senso di superiorità, di vittoria, di forza, ecco quello che il mio membro rigido cerca.
Lo penetro senza preoccupazione, come se non fosse altro che una bambola. L'orgasmo, giunge, fuori da lui, gli sporca la schiena abbronzata -pelle che non esiste- e un calcio sprezzante allontana quel corpo da me.
Non controllo se si è eccitato, se vuole venire.
Xemnas è sicuro di essere immortale, infinito, senza tempo. Nessuno vive per sempre, capo dei Nessuno. Tanto meno scarti come voi. Arrenditi alle speranze, Xemnas, te lo dice il più forte.
Re: KINGDOM HEARTS: Sephiroth/Xemnas, il più forte
Date: 2011-01-29 06:11 pm (UTC)Comunque la fic è... erotica! Dio se lo è!
Mi hai accontentata nel modo migliore =ççç= penso di adorarti** (anche per la Gokudera/Lambo X°D)
Complimenti davvero<3
Re: KINGDOM HEARTS: Sephiroth/Xemnas, il più forte
From:THE SOCIAL NETWORK,Mark/Sean, “Ti ho raccontato di quella volta che mi sono portato a letto il...
Date: 2011-01-06 10:05 am (UTC)Quando la porta si apre, rimpiangi di non essere rimasto in aeroporto ad attendere la fine.
Sean ti si para davanti, un sorrisetto canzonatorio in volto e la patta dei pantaloni aperta. Sembra voglia dirti – cosa sei venuto a fare? Ci ho già pensato io -. Trattieni a stento la rabbia che ti cresce dentro.
Entri. Sean ti guarda dall’alto in basso, incrociando le braccia al petto. Sembra stia cercando le parole giuste per pugnalarti alla schiena. Le trova. “Ti ho raccontato di quella volta che mi sono portato a letto il fondatore di Facebook?”
Mark esce dalla sua camera qualche istante dopo. E’ in mutande, con i capelli arruffati e la tipica espressione di chi se l’è appena fatto sbattere nel culo.
Dio, vorresti essere dappertutto tranne che lì.
Re: THE SOCIAL NETWORK,Mark/Sean, “Ti ho raccontato di quella volta che mi sono portato a letto il
Date: 2011-01-06 12:26 pm (UTC)*sigh* mark/sean/eduardo è il triangolo del 2010 imho
Re: THE SOCIAL NETWORK,Mark/Sean, “Ti ho raccontato di quella volta che mi sono portato a letto il
From:Re: THE SOCIAL NETWORK,Mark/Sean, “Ti ho raccontato di quella volta che mi sono portato a letto il
From:Re: THE SOCIAL NETWORK,Mark/Sean, “Ti ho raccontato di quella volta che mi sono portato a letto il
From:RPF CALCIO Steven Gerrard/Xabi Alonso, "Xabi, ti prego, chiama il tuo uomo e facci del sesso tele...
Date: 2011-01-06 11:03 am (UTC)[p0rn & angst, chi sta meglio di me? (http://community.livejournal.com/disamistade/65093.html)]
«No, frena, frena, cosa riattacchi!» scatta Stevie, subito, e Xabi sorride, perché si aspettava una reazione così. «Cosa riattacchi a fare, stupido, tanto vale...»
Stevie proprio non ha il coraggio di finire la frase, e Xabi riesce praticamente a vedere il rossore catastrofico che gli avrà invaso le guance. Chiude gli occhi, sente Stevie bisbigliare pianissimo qualcosa che il telefono non coglie e Xabi, Dio, sente la sua mancanza in ogni stracazzo di momento, da quando è a Madrid, perciò potrà benissimo cacciarla lui, un po’ di spavalderia, per questa volta.
«Stavi pensando a me, Stevie?» chiede, e arrossisce immediatamente, ma si costringe a restare concentrato e a non cambiare argomento – anche se, dai, potrebbero parlare del tempo! È così interessante, parlare del tempo. «Stavi immaginando che fossi io a toccarti, Stevie? Steven?»
Stevie trattiene bruscamente il fiato e di nuovo Xabi lo sente muoversi tra le coperte, scivolare giù sul materasso, e magari sarebbe più saggio se Xabi evitasse di torturarsi con certe immagini mentali, ma palesemente oggi è tutto, meno che un uomo di logica e razionalità.
«Dio, Xabs,» geme Stevie, sottovoce, e Xabi chiude gli occhi. «Mio Dio.»
«Non sai quanto vorrei essere lì con te,» dice, e riesce a non avvampare perché è la verità e non è neppure una cosa tanto oscena, però. Però. «Vorrei essere lì per baciarti, Stevie, per assaggiare il sapore della tua pelle, per sentire se è sempre uguale... tu mi toccheresti, Stevie? Se io fossi lì, tu- tu mi vorresti ancora, Stevie?»
«Mio Dio, Xabi, sì, sì che ti voglio,» ringhia Stevie, quasi con rabbia, e Xabi raddrizza la schiena e assurdamente gli viene da piangere quando lo sente gemere, aperto e umido, contro il telefono, contro il suo orecchio. «Mio Dio, non ho mai smesso di rivolerti. Xabi- Xabi, parlami, ti prego, dimmi-»
«T-ti voglio anche io,» balbetta Xabi, subito, perché Stevie che dice certe cose, con quella voce, con quel tono, no, non è una cosa che riesce a sopportare. Balbetta. «Moltissimo. Come sempre. Ti voglio in ogni momento, io... certe volte sento ancora le tue mani addosso, sai? Prima... prima di una partita, oppure quando mi tocco... Dio, Stevie, ti penso così tanto, penso alla tua bocca e al tuo- uh- penso a come mi baci e a come mi sento completo e a casa quando tu- quando- Stevie, mi manchi.» Prova a sospirare, ma i polmoni lo tradiscono a metà e il respiro si spezza.
Stevie geme gentilmente e ride piano, sottovoce.
«Xabi,» mormora, la voce tesa per lo sforzo di modulare parole di senso compiuto e non sillabe a caso ed eccitate. «Mi manchi, Xabi. Vorrei che fossi qui a- non lo so, farti stringere, penso, io- hm- Xabs,» e il modo in cui pronuncia il suo nome è come se stesse dando a Xabi un colpetto sulla guancia col naso, è una cosa intima, privata, dolcissima, e Xabi accarezza piano, per un attimo, la propria erezione da sopra i jeans, lasciandosi sfuggire un gemito piccolissimo che è quasi una lacrima, e solo in questo trova una briciola di soddisfazione. «Xabi, Dio mio.»
«Stevie,» bisbiglia, e si china un po’ in avanti e chiude gli occhi e mentre ripete il suo nome in una litania accaldata e triste, StevieStevieStevieStevieStevie, lo sente ansimare e gemere sempre più forte ma quasi con incertezza, come se stesse annegando, come se non sapesse che farsene dell’orgasmo che gli scalda i fianchi ora che Xabi è così immensamente lontano da lui, quasi come se non riuscisse a credere davvero di essere Steven Gerrard, solo, in un cazzo di inutile letto che non è abbastanza grande da portarlo fino a Madrid.
«Xabs. Xabi. Ehi.»
[...]
ORIGINAL, F/M, camerino
Date: 2011-01-06 11:59 am (UTC)[fic integrale] (http://nemofrommars.livejournal.com/46452.html)
"Potevi fare di meglio” gli dice freddamente, avvicinandosi e sfiorandogli il petto con la punta delle dita, e Jean si sente fremere senza un particolare motivo.
"Ti ho visto distratto” continua lei, toccando appena il collo della camicia che indossa.
“Poco partecipe...”
Fa saltare il primo bottone.
"Mediocre”
Il secondo.
"Banale”
Il terzo.
"Inespressivo”
Il quarto e il quinto in due secondi, mentre il viso di Jean, da corruciato che era, s'è già disteso in un sorriso enorme.
"Stupida” mormora, mentre lei lo spinge giocosamente verso la sedia e gli si siede in grembo.
Jean le poggia entrambe le mani sulle guance per baciarla – non può più trattenersi, e nel suo sguardo legge lo stesso bisogno, un attimo prima di chiudere gli occhi.
Iniziano insolitamente dolci – con Chris raramente c'è qualcosa di dolce, in quelle situazioni -, ma poi, com'era prevedibile, lei forza la bocca di Jean con le lingua, tormenta le sue labbra piene con urgenza e le sue mani già scendono in basso, a toccare il cavallo dei suoi jeans.
Sarà l'adrenalina ancora in circolo dopo lo spettacolo, ma Jean si sente accaldato e duro in pochi secondi, al punto tale da strofinarsi instintivamente contro il suo palmo, per darsi maggior sollievo.
O forse, è solo merito di Christine e basta, lei che riesce a far emergere la parte un po' più disinibita, ruvida e impaziente di lui, sempre tenero e controllato anche quando non dovrebbe.
Interrompono il bacio a malincuore, solo per prendere fiato, ma Jean è il primo a contrattaccare e ad avventarsi sul collo di Chris, graffiandolo piano con i denti, inumidendolo con la lingua, sentendola alternare piccoli gemiti a sospiri e sussulti.
Scosta rapidamente le spalline del vestito con una mano, e con l'altra scivola in un tocco morbido, forzatamente trattenuto su una coscia della giovane, che in risposta affonda le dita tra i suoi capelli chiedendo in silenzio baci e nuovi morsi.
Jean glieli concede, dosandoli con lentezza – sa quanto la faccia impazzire, così – e la ragazza non tarda a reagire, sbottonandogli in fretta e alla cieca i pantaloni dell'abbigliamento di scena – per una volta, fortunatamente, non sono il modello super attillato e assurdo che Jean indossa quotidianamente, così scomodi quando vuole spogliarlo alla velocità della luce.
Neanche due secondi dopo, è Jean quello costretto a sussultare forte, perchè la mano di Christine è già stretta attorno alla sua erezione pulsante, e da come si sta muovendo, delicatamente, ma con malizia ed esperienza, il ragazzo teme di arrivare troppo presto a concludere.
Si scosta bruscamente, ignorando l'esclamazione irritata di lei – che fai, coglione? -, e approfitta della sua guardia bassa per mettersi in piedi, sollevarsela in braccio e poi appoggiarla delicatamente sulla sedia.
Si china sulle ginocchia, guardandola da sotto in su.
“Così la principessa viziata starà più comoda...” spiega in un sussurro divertito, divaricandole gentilmente le ginocchia e indugiando di nuovo tra le pieghe del vestito, cercando le mutandine, solo per scoprire che non ci sarà bisogno di sfilare alcunchè.
Christine, quell'esserino piccolo e solo apparentemente innocuo che non è altro, non indossa proprio nulla, sotto.
Nel rendersene conto, Jean deglutisce a vuoto e sente la testa girare – come se il sorriso sfacciato e lascivo che Chris gli rivolge non fosse di per sé lesivo per la sua lucidità.
Ma comunque non perde tempo a riprendere da dove si era interrotto, appoggiando sulle cosce un bacio a labbra aperte, umido e affamato, che prosegue man mano che Christine si scosta di qualche centimetro la gonna, fino a sollevala del tutto.
Sente i suoi muscoli tendersi, il respiro trattenuto per un attimo, quando infine le sfiora il sesso con la punta della lingua.
(...)
Re: ORIGINAL, F/M, camerino
Date: 2011-01-06 12:00 pm (UTC)Non si stupisce, poco dopo, di sentire la presa indelicata e vogliosa di Christine tra i capelli, e non gli dispiace nemmeno un po' che lo strattoni verso di sé, anche se finisce per fargli male.
Che si sfoghi a quel modo è più che giusto, pensa Jean, mentre un fiotto di calore gli invade il basso ventre.
Il desiderio di toccarsi è quasi doloroso, ma si impone di non cedere – sa quanto Christine desideri essere la sola ed unica a dargli piacere.
"Jean...” geme la ragazza, spingendoglisi contro con tutta se stessa, quando l'orgasmo la fa tremare.
Lui sospira forte e appoggia un ultimo bacio bagnato tra le sue gambe, prima di scostarsi, gli occhi che brillano di desiderio e di orgoglio.
Christine è così perfetta, ora – gli zigomi arrossati, il trucco un po' sciolto attorno agli occhi, l'aria stravolta e appagata - e soprattutto – cosa che lo riempie sempre di una felicità imbarazzante – ha chiamato il suo nome.
Non è una cosa che fa sempre.
Il giovane ha una manciata di secondi scarsi per pensare a quella vittoria, prima che Christine si liberi del vestito, rimanendo solo con le scarpe col tacco, ed esibendosi in modo ancor più seducente di prima.
Scivola sul pavimento assieme a Jean, gli intima di stendersi a terra, dopo un bacio affamato, e in attimo gli è sopra, a privarlo dei jeans abbassati per metà e dei boxer che stavano diventando particolarmente fastidiosi.
Accarezza i fianchi magrissimi, si sofferma a seguire la linea delle ossa sporgenti del bacino, graffia delicatamente la pelle ancora segnata da piccole tracce violacee risalenti a qualche giorno prima – Christine ha una strana ossessione per i succhiotti in quel punto particolare – e infine chiude il palmo della mano destra sulla sua erezione.
Si china su di lui, mentre inizia a massaggiare piano, ed è con una certa dose di malizia spudorata che approfitta dei suoi ansiti a bocca spalancata per rubargli altri baci esigenti, che gli lecca piano una guancia, soffermandosi sulla linea della mandibola e proseguendo fino al collo, al lobo dell'orecchio.
Jean vorrebbe reagire in qualche modo, ricambiare, ma non appena ci prova, la mano libera di Christine gli blocca il polso e lo sbatte sul pavimento – segno che non vuole, che deve lasciarla fare -, così lui si arrende, a fatica, evitando di provarci di nuovo.
Non che lei non lo stia istigando ad ogni secondo a ribellarsi, visto quello che gli sta facendo là sotto – una vera e propria tortura - e le sconcezze che gli sussurra tra i capelli di tanto in tanto – cose che Jean cerca di ignorare, o potrebbe venire davvero soltanto ascoltandola provocarlo con la voce.
Come spesso accade quando perde il controllo, Christine sporca le parole con un po' del suo vecchio accento inglese, e un altra buona parte della razionalità di Jean va a farsi benedire.
Non gliel'ha mai detto, ma oltre che sembrargli adorabile, certe volte quell'accento suona anche inspiegabilmente sensuale.
Non glielo rivela nemmeno ora, continua solo a inarcarsi contro di lei, biascicando una litania soffusa di 'sìsìsì' inframmezzati dal nome di lei.
"Vuoi sapere davvero come hai recitato stasera?” chiede d'un tratto la ragazza, ansimante. Ha interrotto le carezze proprio un attimo prima di concludere e ora indugia il membro teso di Jean, non concedendogli ancora la soddisfazione di essere penetrata.
Lui lascia andare l'ennesimo assenso, insieme a un lamento frustrato.
"O-okay...” concede Christine, con una smorfia oscena sul viso accaldato, “ma prima lasciati dire cosa m'è venuta voglia di fare, mentre ti guardavo...”
"Chris, ti prego...” la supplica Jean, e allora – solo allora – lei si abbassa e si fa penetrare, a poco a poco, strappandogli un flebile gemito di sollievo.
(...)
Re: ORIGINAL, F/M, camerino
From:Original, F/F, doccia
Date: 2011-01-06 12:58 pm (UTC)[...]
Cade in ginocchio ai piedi di Lara, una mano appoggiata sul suo sedere, a stringerle violentemente una natica, l’altra con le dita ancora affondate dentro di lei. La guarda da quella nuova angolazione, una canna piegata indietro dal vento, una statua di fanciulla dai caratteri sessuali quasi acerbi ma dalla sensualità esaltata; osserva il luccicare della sua pelle dorata sfiorata dal getto d’acqua che le colpisce il seno destro e pensa che bella così non l’ha vista mai, ma sa che non è vero. Se lo dice ogni volta che fanno l’amore e si ferma a guardarla, che è più bella che mai, ma è solo l’emozione che cresce. Lara è sempre stata così bella; ciò che sta facendo Anita è scoprirla pian piano, fino a scovare ogni sfaccettatura di quel fascino multiforme.
La sua bocca è lì, proprio all’altezza giusta. Anita appoggia la punta della lingua là dove affondano le dita e risale fino al clitoride; allora vi appoggia le labbra e succhia avidamente. Lara geme forte e le sue ginocchia tremano. Anita le mette la mano libera sul fianco, bloccandola contro la parete e dandole un minimo di stabilità, poi riprende a leccarla. Lo fa con decisione, senza le piccole torture che a volte le riserva quando sono più calme e hanno tempo: al momento ha fretta di vederla – e sentirla, oh sì, sentirla – venire e sa quando spingere sull’acceleratore. Il sapore di Lara è appena percettibile, con l’acqua che le scorre addosso e lo lava via costantemente, ma la sensazione di assaporarla così, anche lievemente, è un’esperienza che eccita Anita tanto quanto sentirsi l’odore del suo sesso addosso, su ogni parte del corpo, dopo una sfiancante nottata di sesso. La lecca e la succhia leggermente, spingendo la propria bocca contro di lei per creare maggior attrito. Intanto le sue dita sono affondate dentro di lei fino all’ultima falange, fino alle nocche che bloccano quella frenesia di averne di più, sempre di più. Stacca per qualche secondo la bocca da lei, prendendo fiato, e sostituisce alla sua lingua il pollice, muovendolo più rapidamente che mai. La sente vicina, molto vicina a venire.
Abbassa lo sguardo sulle sue cosce aperte, sul ginocchio magro, sul polpaccio liscio e ben formato e sul piede scostato e teso sulla mezzapunta. Si sofferma per un attimo a pensare a quanta grazia c’è in quel gesto e in quella posizione, a quanto Lara riesce a essere fenomenale in ogni sua manifestazione sessuale, e a come vorrebbe poterla fotografare, ma si rende ancora conto che proprio non è il momento, ora, di tali considerazioni. È il momento di usare la lingua con più decisione, perché Lara ha gli occhi chiusi e le labbra aperte e respira a fatica, ed ogni respiro è un “Sì” sussurrato e implorato a mezza voce.
Anita riporta la bocca su di lei e la lecca con tutta se stessa, sfruttando le labbra e persino un po’ di denti per rendere il contatto sempre maggiore, e scopandola al contempo con tutta la propria forza, tanto da sentire le ossa del suo bacino allargarsi attorno alle nocche e il suo peso contrastare i propri movimenti. Perde la ragione, pensa che la scoperà fino a sollevarla da terra con quella mano, e all’improvviso i gemiti ripetuti si trasformano in urla acute e proprio mentre gli occhi di Anita scattano all’insù per ammirare quel miracolo Lara si scioglie tra le sue mani, mugolando tremante il proprio orgasmo.
[...]
Re: Original, F/F, doccia
Date: 2011-04-01 04:07 pm (UTC)ORIGINAL M/M, "Non fare rumore."
Date: 2011-01-06 01:27 pm (UTC)[...]
L’alito caldo dell’altro lo accarezzò per un solo momento. Non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che stava succedendo prima che la sua bocca si chiudesse sull’erezione appena liberata, succhiandone la punta con decisione. Sentì le gambe farglisi molli e si addossò maggiormente contro la parete alle sue spalle, che scricchiolò e riverberò di un eco cupo. Non fare rumore, si ripeté nella mente, muovendo in modo inconscio le labbra ad articolare ogni parola. Ingoiò un respiro tremante mentre l’altro ingoiava lui, lo faceva affondare nella sua bocca calda e umida con una naturalezza inverosimile, per poi ritrarre le labbra e concentrare le attenzioni della sua lingua sulla cappella. Vi si dedicava con dedizione e fine arte; un virtuoso del pompino, pensò, e chi l’avrebbe mai detto che l’avrebbe incontrato a una festa di Capodanno da amici che prevedeva al massimo un cenone e la tombolata a mezzanotte?
Una mano andò ad accarezzargli i testicoli, abbassandogli pantaloni e mutande, esponendo un po’ più di pelle nuda all’ambiente esterno. Un brivido gli percorse le gambe e si diffuse al suo addome, facendogli stringere le natiche in una contrazione muscolare dettata in parte dal piacere. E poi il suo gentile intrattenitore fece qualcosa con quella sua lingua capace che gli fece vedere le stelle. Spalancò gli occhi al buio che lo circondava, poi li strizzò con forza, riportando tutta la sua attenzione sulla respirazione. L’altro lo succhiava e lo leccava con famelica velocità, imponendogli un ritmo incalzante che si sentiva nelle vene e nella pressione che gli stringeva i testicoli, ansiosa di essere liberata. Cazzo che pompino! Porco cazzo, che cazzo di pompino di buon anno! Avrebbe voluto dirglielo, perché meritava complimenti, ma la sua mente fece eco a questi pensieri ricordandogli di non fare rumore e quindi si morse la lingua, limitandosi a succhiarsi le labbra per trattenere l’orgasmo ancora un attimo, per poter godere di quelle attenzioni ancora un po’, perché facesse di nuovo quella cosa con la lingua che…
Lo rifece, sì, e le dighe che aveva costruito con tanta fatica si aprirono con un rombo scrosciante nelle sue orecchie. Venne prima ancora di accorgersene lui stesso, e fu violento e veloce e così intenso da strappargli il fiato; e meno male, perché quando aprì la bocca ciò che uscì non fu l’urlo che li avrebbe smascherati, ma un gemito rauco che proveniva dal profondo della gola, l’ultimo respiro prima della pace dei sensi. Rimase lì, addossato alla parete, con il petto che si alzava e si abbassava furiosamente, i palmi sudati appiccicati alla parete alle sue spalle che, per grazia di dio, lo sosteneva silenziosa.
[...]
ORIGINAL M/M, "Mi accompagni a casa?"
Date: 2011-01-06 01:31 pm (UTC)[...]
“Credo sia ora che mi ricambi il favore…” sussurrò con voce calda e roca, una voce che, se mai ce ne fosse stato bisogno, avrebbe acceso ogni istinto sessuale nel suo corpo.
Non c’era nemmeno bisogno di chiedere. Simone trasse un sospiro di sollievo, quasi gli fosse stata concessa una benedizione, e afferrando il membro dell’altro con una mano si chinò su di lui, guidando la punta alle sue labbra. Era salato, ma a suo modo eccitante, quasi…goloso. Aveva un buon odore, un profumo fresco ma penetrante che gli riempì le narici, facendo sussultare la sua erezione trascurata. Avvolse la cappella tra le labbra, accarezzandola con la lingua. L’altro muoveva i fianchi dolcemente avanti e indietro, così da sfuggire un po’ al calore della sua bocca per poi risprofondarci dentro per un paio di centimetri. Una delle sue mani si annidò tra i suoi capelli corti, tenendogli la testa e guidandolo nei movimenti, suggerendogli quando osare di più, quando sollecitarlo e quando lasciargli un attimo di respiro. Simone non aveva mai amato quel genere di trattamento, era abituato a fare di testa sua, perché non aveva certo bisogno di direttive, ma quel mattino andava così. Era lui, quell’uomo sconosciuto e sconvolgente, che lo eccitava in un modo che lo faceva sentire così strano…
L’altro gemette, aumentando il ritmo dei fianchi. Simone, che ora era troppo impegnato a rilassare i muscoli attorno all’erezione che gli scopava la bocca, pensò che gli sarebbe venuto in gola, soffocandolo per qualche attimo, mentre il compagno godeva in un modo indifferente ed egoista che gli si accordava alla perfezione; e invece di un sano panico sentì l’eccitazione sorgere in lui come un’onda, portandolo quasi al culmine. Decisamente gli stava capitando qualcosa di strano, quella mattina. Anno nuovo, uomo nuovo…
“No!”
Il suo compagno si strappò da lui con tanta bruschezza che Simone ci rimase male. Per un istante si sentì vuoto e inutile mentre fissava con occhi sgranati il volto dell’altro, contratto in una smorfia quasi dolorosa, e la mano stretta alla base dell’erezione con decisione, a impedire l’orgasmo.
“Perché…?” sussurrò, i muscoli della mandibola che rispondevano appena e la voce roca per lo sforzo.
L’altro aprì gli occhi di uno spiraglio e lo fissò. Le sue labbra si tesero in un sorriso divertito e malizioso.
“È tutta sera che fantastico su quel tuo bel cazzo. Dopo avermelo fatto assaggiare non vorrai negarmi l’ebbrezza di sentirmelo dentro…”
Il respiro si bloccò nel petto di Simone e quasi si strozzò. Dovette fare un’espressione davvero buffa, perché quello si mise a ridacchiare, seppure affannato.
“Resta lì,” gli ordinò. “Lasciami fare…”
Simone non aveva intenzione di muoversi. Era una bambola, un oggetto sessuale di pura masturbazione nelle sue mani, quasi, e la cosa lo faceva godere da morire. Lasciò che l’altro si allungasse a recuperare un preservativo e glielo infilasse, poi lo osservò mentre prendeva il lubrificante e, sostenendosi sulle ginocchia, iniziava a prepararsi con due dita. Simone si sentiva la gola riarsa e le pulsazioni a mille, ma deglutì a vuoto e non disse niente, liberando la mente nella speranza di calmarsi un po’. Ma come poteva riguadagnare un po’ di controllo, se quello gemeva così, con quell’espressione di rapimento sul volto?
[...]
ROMANZO CRIMINALE Gigio/Libanese, "Aiutami a vendicarmi" "Te sembro Zoro?"
Date: 2011-01-06 01:35 pm (UTC)- Nun te ne faccio male, tranquillo. – dice, ma nel momento in cui si allontana da lui abbastanza da rigirarselo fra le braccia e piegarlo sul tavolo, Gigio capisce che sta mentendo. Ciononostante, non è in grado di fermarlo, forse perché non vuole, forse perché le dita che tornano a stringersi immediatamente attorno alla sua erezione non gliene lasciano il tempo, forse perché la pressione di altre dita, dita più umide, svelte ad accarezzarlo fra le natiche, è piacevole più di quanto non riesca a dire o anche solo a pensare. Il perché non lo sa, non vuole saperlo, stringe i denti e pianta le mani bene aperte sulla superficie morbida e verde del tavolo, osservando la propria ombra ondeggiare avanti e indietro mentre segue i movimenti delle dita del Libanese, che prima paiono come bussare senza avanzare mai per davvero, e poi, quasi senza attrito, scivolano all’interno del suo corpo, costringendolo ad inarcare la schiena e gettare indietro il capo in un gemito sconnesso.
Gigio singhiozza, anche se ha smesso di piangere da un pezzo – più o meno da quando la vergogna s’è persa, dissolvendosi del tutto nelle scariche di piacere che le dita di Libano gli davano muovendosi avanti e indietro per tutta la sua lunghezza – e prova ancora a imbastire una protesta sterile, che si spegne subito quando sente la pressione di qualcosa di più grosso e più duro di un paio di dita contro la propria apertura.
Ha appena il tempo di prendere fiato, che subito dopo il Libano scivola dentro di lui con un po’ d’attrito in più rispetto a quanto ne abbiano incontrato prima le sue dita.
La scarica di dolore è improvvisa e violenta, si diffonde lungo tutta la sua spina dorsale e non è acuta e lancinante, ma piuttosto sorda e continua, e lo terrorizza, perché sembra di quei dolori che non ti abbandonano dopo qualche ora, ma che continui a portarti dentro a lungo, forse addirittura per anni, che ancora percepisci a livello mentale quando il fastidio fisico si è dissolto.
- Bugiardo. – sussurra, appoggiano la fronte agli avambracci incrociati mentre ricomincia silenziosamente a piangere, - Sei un bugiardo. Come mio fratello.
Il Libanese si muove lentamente dentro di lui, riesce ad essere perfino discreto, ma la pressione che Gigio sente è troppa, la confusione che gli ingolfa il cervello perfino maggiore. Singhiozza e si lamenta a bassa voce, come un bambino piccolo, nascondendo il volto fra le mani, e Libano si china sulla sua nuca a lasciargli un bacio consolatorio talmente inaspettato che, quando Gigio sente le sue labbra calde e un po’ umide posarglisi addosso più velocemente del battito d’ali di una farfalla, s’interrompe all’istante, abbassa le mani e solleva gli occhi ancora lucidi e arrossati.
- Dopo ‘n po’ smette de fare male. – gli spiega il Libanese, continuando a muoversi lentamente e tornando ad accarezzarlo anche fra le cosce, - Questo intendevo. E vale pe’ tutto, regazzi’. Pe’ quello che stamo facendo mo’, e pure pe’ quello che t’ha fatto tu’ fratello prima.
Gigio inspira ed espira profondamente, seguendo i suoi movimenti col proprio corpo, accogliendolo dentro di sé e spingendosi lento dentro il suo pugno chiuso attorno alla propria erezione. Annuisce e chiude gli occhi, ed è allora che il Libanese comincia a muoversi più velocemente, adattando il ritmo delle proprie carezze a quello delle proprie spinte. E Gigio si adatta a sua volta, scoprendo che è vero, dopo un po’ va meglio, dopo un po’ il dolore diventa sopportabile, anche se non si spegne mai del tutto, e le dita serrate del Libanese, le dita forti che lo accarezzano sulla lunghezza e sulla punta, compensano la sofferenza col piacere, allo stesso modo in cui immagina che la presenza di suo fratello nella sua vita, sempre pronto ad aiutarlo, compenserà il dolore che gli procurerà guardarlo negli occhi e sapere che la donna che amava e con la quale avrebbe voluto un futuro adesso è sua.
Il libanese viene in silenzio, pochi secondi dopo, sprofondando dentro di lui in un colpo secco al quale Gigio risponde con un gemito forte e denso, prolungato, mentre viene a propria volta fra le sue dita.
[...] (http://poly.our-cross.net/fic/talk-to-my-troubled-brain)
Inception Arthur/Eames, "Quelli sono i miei occhiali" 1/2
Date: 2011-01-06 02:11 pm (UTC)[Vorrei inoltre avvertire che questa è una Arthur/Eames, proprio nel senso che Arthur toppa. Che ne so, ci sono persone
pazzeche non apprezzano]«Quelli sono i miei occhiali,» disse, la voce talmente neutrale che, se Eames non conoscesse Arthur da anni, avrebbe pensato l’altro non fosse minimamente affetto da tutto quello. Eames però conosceva le sue espressioni e i suoi toni di voce. Era decisamente interessato.
«Già,» rispose, incredibilmente fiero della sua trovava e del modo in cui Arthur aveva reagito.
«Togliteli,» lo istruì l’altro, il tono perentorio. Eames scosse la testa, continuando a sorridere sornione.
«Se vuoi che me li tolga devi venire tu qui e togliermeli tu,» mormorò e Arthur roteò gli occhi.
«Sul serio?» chiese, avvicinandosi comunque «quando siamo finiti in un porno di serie B?»
Eames rise leggermente mentre Arthur si chinava verso di lui per rimuovergli gli occhiali. Beh, se gli dava un’apertura come quella…
«Smettila di fare quello che stai facendo, Eames, in questo preciso istante,» gli sibilò contro l’altro e Eames ridacchiò, spostando la mano perché potesse accarezzare ancora meglio il suo sedere.
«Cosa starei facendo?» chiese, sapendo già che una risposta del genere avrebbe fatto infuriare l’altro. Non vedeva l’ora.
«Smettila di farlo, in questo preciso istante,» ripetè, ma ormai si era già spostato sul letto e stava a gattoni sopra di lui, la sua mano che aveva lasciato perdere gli occhiali ed era scesa fino al suo collo e la sua bocca che si era avvicinata a quella di Eames in maniera molto molto piacevole.
«Non lo dici sul serio,» bisbigliò sulle sue labbra, prima di cominciare a baciarlo.
Eames spostò anche l’altra mano sul didietro di Arthur, spingendolo ancora di più contro di lui. L’altro gemette nel bacio, interrompendolo poi e passando a mordere e leccare e generalmente torturargli il collo, mentre le sue mani passavano sul suo petto, sfiorando i capezzoli e scendendo sempre più in basso.
Eames spinse il bacino all’insù non appena sentì la mano di Arthur avvicinarsi alla sua erezione, ma l’altro non sembrava intenzionato ad avanzare ancora.
«Tesoro,» bisbigliò, «per quanto apprezzi le tue attenzioni alla mia gola, vorrei…» provò. Arthur sorrise sulla sua pelle, prima di raddrizzarsi e cominciare a sbottonarsi la camicia.
Eames guardò senza interromperlo, mentre l’altro si metteva in piedi e si toglieva anche i pantaloni ed i boxer.
«Hm, che bella visuale,» mormorò, guadagnandosi un sopracciglio alzato da parte dell’altro.
«Le tue battute stanno cominciando a scadere ancora,» lo informò, ritornando sopra di lui «non lo credevo possibile.»
«Questo è perché non hai immaginazione, tesoro,» lo informò con quella che ormai, non sapeva nemmeno come, era diventata la loro frase. Arthur ridacchiò, finalmente, facendo toccare le loro due erezioni.
«Meno parole, Eames,» gli disse e lui non poté fare altro che annuire, mentre portava la mano verso l’entrata dell’altro. Arthur fermò il suo braccio, spingendolo sopra la testa di Eames.
«Non oggi,» gli mormorò, prima che Eames sentisse il dito dell’altro premere contro la sua apertura.
«Oh,» riuscì ad esclamare, prima che Arthur lo penetrasse con il suo dito e cominciasse a muoverlo, piano, avanti ed indietro.
E poi al primo dito se ne unì un secondo, velocemente, ma no era abbastanza. «Arthur,» mormorò, e gli uscì più come una preghiera come altro.
«No. Non lo sai? È importante la preparazione,» bisbigliò però il bastardo, posando poi un bacio sul mento di Eames e poi un altro sulla sua spalla e poi sul suo petto. Eames stava impazzendo e gli occhiali cominciavano a dargli seriamente fastidio agli occhi – non sembrava, ma ad Arthur mancava più di quanto avesse sospettato.
Non avrebbe resistito a lungo, lo sapeva, non era abbastanza, voleva di più. Voleva Arthur dentro di lui, che spingeva e si portò Arthur addosso con più forza, sperando che l’altro lo capisse.
E improvvisamente non c’era più nulla dentro di lui e Arthur si stava sporgendo verso il comodino, per prendere i preservativi e il lubrificante.
Re: Inception Arthur/Eames, "Quelli sono i miei occhiali" 2/2
Date: 2011-01-06 02:12 pm (UTC)«Muoviti, tesoro,» gli disse, alzandosi leggermente per leccare il petto dell’alto, ricevendo un grugnito di dissenso. Arthur odiava essere leccato, lo sapeva bene, ma gli era sembrata una giusta punizione per averlo fatto attendere così a lungo.
«Oh, sta zitto, Eames,» ringhiò Arthur, spingendo finalmente dentro di lui. Eames inarcò la schiena, permettendo al sesso di Arthur di penetrarlo più a fondo, sempre più a fondo ad ogni spinta.
«No, aspetta,» mormorò però, guadagnandosi un’occhiata confusa ed esasperata da parte di Arthur. Non gli importava, tutto quello era nato per un motivo ed Eames avrebbe avuto quello che voleva. Si tolse gli occhiali velocemente, infilandoli ad Arthur cercando di non cavargli un occhio e poi sorrise «Perfetto, tesoro.»
Arthur roteò gli occhi, ma riprese a muoversi e Eames guardò con piacere le pupille di Arthur, dilatate per il piacere, sotto gli occhiali. Oh sì.
[... (http://community.livejournal.com/spieluhrs/46103.html)]
Wild Adapter, Kubota Makoto/Tokito Minoru, "Se vuoi, ti tocco"
Date: 2011-01-06 02:15 pm (UTC)[...]
Era stato un caso, ma quando Tokito aveva alzato lo sguardo verso l’uomo e l’aveva trovato intento a guardarlo – non fissarlo in maniera insistente, ma lasciare scivolare gli occhi su dettagli prima sconosciuti o semplicemente ignorati – l’aveva fatto sentire stranamente a disagio, tanto che si era visto come costretto a guardare subito da un’altra parte.
-Cosa c’è? Ho qualcosa in faccia?-
Kubota ghignò, inclinando appena la testa di lato, lasciando scivolare le parole fuori dalla bocca prima di riuscire in qualche modo a trattenerle in tempo.
Si stava rilassando, forse troppo: questo era il problema. E se ne rese conto troppo tardi.
-A parte la solita aria da stupido direi di no…-
Però, quello che riuscì ad ottenere con quel tono un poco canzonatorio fu sicuramente positivo: Tokito tornò a fissarlo – torno, ma lo fece ugualmente – con quel cipiglio lievemente offeso e tradito.
-Ehi!-
Lui rise, sogghignando appena.
L’espressione sul volto dell’altro era qualcosa di così stupendamente genuino che non poteva far altro che scaldargli – appena appena – l’animo.
-Ah! Scusa, scusa…-
Fu di nuovo silenzio, rotto dallo scandire del respiro pesante del ragazzo.
Tokito guardò per qualche attimo il vuoto davanti a sé, lasciando che le immagini degli ultimi avvenimenti gli scorressero ancora una volta davanti agli occhi. Era tutto chiaro, tutto limpido, tutto assolutamente palese, eppure qualcosa gli era sfuggito, un piccolo dettaglio insignificante che avrebbe potuto non dare la giusta piega alle cose da quel momento in avanti. E Tokito non l’avrebbe permesso.
Guardò Kubota in volto e, prima di parlare, aspettò che l’altro lo guardasse a sua volta. Parlò deciso, senza esitazioni di sorta, facendo benissimo intendere quanto quello fosse importante – quanto quello contasse, almeno per lui e la sua coscienza ancora ferita.
-Ora puoi toccarmi, Kubo-chan!-
Kubota restò in silenzio, senza neanche pensare.
In realtà, avrebbe potuto dire un sacco di cose – molte delle quali compromettenti e sicuramente molto, molto maliziose – ma vedere l’altro così deciso e così, sicuramente, puro nelle proprie intenzioni, lo destabilizzò non poco.
Nel toccarsi, seppur in una semplice stretta di mano, si era equilibrato tutto il loro rapporto. Nel toccarsi avevano finalmente trovato e ritrovato un’intesa solida che facesse da base ad un valido progetto per il futuro.
Per questo, quando Makoto rispose, la sua voce fu sorpresa e quasi incredula, tanto da sembrare un poco beffarda.
-Posso davvero?-
Infatti Tokito si risentì appena, giusto quel tanto che bastò a colorargli le guance e gli zigomi di tenue imbarazzo – e lo sguardo cadde in basso, senza riuscire a sostenere quella sorpresa tanto insinuante.
-Ti ho detto di sì! Sei sordo, per caso, oltre che a essere stupido?-
Passarono i secondi, e niente accadde. Ne passarono diversi e continuava a rimanere il nulla nel silenzio.
Tokito alzò lo sguardo spazientito verso Makoto e la vide, restandone terribilmente sorpreso: una mano propesa verso di lui, verso il suo volto.
Kubota lo toccò lì, sulla guancia candida, facendo scivolare i polpastrelli sulla pelle in una morbida carezza. Lo sguardo dell’uomo seguiva le dita, come a voler intensificare quella sensazione nuova con tutte le sue forze.
E fu imbarazzante, tremendamente imbarazzante. Ma questa volta il ragazzo non abbassò lo sguardo né lo fece volgere altrove – rimase lì, senza riuscire neanche a scappare.
Eppure, quella presa non gli fu per nulla dolorosa o restrittiva, così come le parole di Kubota parvero, alle sue orecchie, una richiesta d’affetto che quasi ispirava commozione e pietà.
-Se vuoi, ti tocco…-
Tokito guardò a sua volta quella mano, socchiudendo gli occhi e godendosi la carezza, come un gatto che, dopo essersi fatto a lungo desiderare, si lascia andare a fusa e coccole. Sfregò, forse senza rendersene davvero contro, la guancia contro quella mano, intensificando così il contatto. Poi lo guardò in viso, chiedendogli mille e più cose con il semplice sguardo.
Il colore scuro degli occhi di Kubota non era mai stato così bello.
[...]
THE SOCIAL NETWORK Eduardo/Mark, “Avevo bisogno della tua attenzione” “Avevo bisogno di te”
Date: 2011-01-06 02:47 pm (UTC)Silenzio. Un sospiro. “Avevo bisogno di te.”
Bastano quelle poche parole per saltare sul primo volo, senza pensarci due volte.
Il vostro incontro ha la solennità dell’ultima volta. Non sai perché ma senti che è così.
Presti la massima attenzione a ogni dettaglio della sua pelle chiara, a ogni ricciolo morbido, a ogni gemito che esce dalle sue labbra turgide, a ogni più piccola variazione del suo respiro.
Vi prendete tutto il tempo che volete, godendo di ogni istante passato insieme, come fosse la cosa più rara e preziosa che possiate condividere.
Vi amate così, lentamente.
L’orgasmo ha il sapore dell’addio.
SUPERNATURAL, Castiel/Dean Winchester, "Se ti togliessi quell'impermeabile [...]"
Date: 2011-01-06 03:18 pm (UTC)«Hai paura?» gli domandò, anche se quello più terrorizzato era lui. «Pensi che sia sbagliato?» non si era nemmeno preoccupato di quell’aspetto. Forse agli angeli era proibito fare cose simile, mischiarsi agli umani, tanto più con persone dello stesso sesso.
«Non è vietato,» rispose, come se gli avesse letto nel pensiero «ma non è proprio ben visto, diciamo».
Ah. Castiel, il perfetto soldato di Dio, ligio alle regole. Si sarebbe fermato?
Ma, una volta tanto, il suo “angelo sulla spalla” non sembrava preoccupato da quella faccenda.
«Farà male» considerò, invece, accigliato.
«È probabile» convenne Dean «Ma… che diavolo, gli uomini lo fanno dalla notte dei tempi, qualcosa di piacevole dovrà pur esserci, no?» domandò retoricamente, più per dare coraggio a sé stesso che per incitare Castiel.
«Sì, se tutto va bene» asserì questi e parve quasi considerare la questione in modo clinico.
«Oh, grazie, questo è davvero rassicurante» ironizzò lui, ma si zittì quando l’altro cominciò a sfiorarlo lì in basso. Era fastidioso, ma non in modo esattamente spiacevole. Tirò di nuovo Castiel giù con sé, distraendosi sulle sue labbra, e dopo un po’ la sensazione si fece più stuzzicante e meno estranea.
La sua bocca si fece più decisa, più invadente, rubandogli il fiato e Dean ansimò quando la prima falange si fece strada in lui, ma l’angelo non gli permise di respirare. Doveva davvero averci preso gusto a baciarlo e al ragazzo quasi girava la testa per mancanza d’aria. Sembrava che Cass non avesse nemmeno bisogno di respirare e, accidenti!, forse davvero non ne aveva bisogno, chi poteva saperlo?
Quando ormai si sentiva sul punto di svenire e lucine bianche cominciavano ad esplodergli dietro le palpebre chiuse, finalmente l’angelo si scostò.
«Merda» bisbigliò – sentire imprecare Castiel era sempre strano e bizzarramente eccitante – poi una mano gentile gli scostò i capelli dalla fronte. «Mi dispiace».
Gli venne voglia di ridere. Come se potesse prendersela contro qualcuno veramente capace di stordirlo con un bacio! «Sto bene» lo rassicurò, socchiudendo gli occhi «Dammi solo un attimo».
Sentiva il tocco di Castiel premere dentro di sé, immobile, ma innegabilmente presente e percepiva addosso il suo sguardo preoccupato, tanto intenso da essere quasi tattile. Alla fine, lasciò passare appena una manciata di secondi prima di attirarlo più vicino; lo desiderava in modo completamente diverso da chiunque avesse conosciuto in precedenza.
Re: SUPERNATURAL, Castiel/Dean Winchester, "Se ti togliessi quell'impermeabile [...]"
Date: 2011-01-06 03:19 pm (UTC)Questi sibilò per il fastidio, ma la sensazione sgradevole scomparve in fretta, coperta anche dalla labbra di Cass che tornarono sul suo petto, e ad ogni attimo si sentiva sempre più impaziente. Poi l’angelo sfiorò qualcosa che causò letteralmente un’esplosione di piacere dentro di lui e Dean si ritrovò con il fiato spezzato.
«Cazzo!» sputò in un ansito secco, quando Castiel lo fece ancora, e poi ancora e ancora «Cazzo-cazzo-cazzo!» si aggrappò alla prima cosa che trovò sotto mano, sentendosi ad un passo dall’orgasmo. «Adesso, Cass, adesso!» ordinò e quella sensazione fantastica scomparve, per essere rimpiazzata da qualcosa di molto diverso.
Conficcò le unghie nell’imbottitura dei sedili, spalancando gli occhi per il dolore, mentre istintivamente cercava di ritrarsi. Le mani forti dell’angelo, però, lo tennero fermo e Dean riuscì a vedere ad un soffio dal proprio viso qualcosa che, per un attimo, gli fece dimenticare il dolore.
L’ espressione di Castiel era indescrivibile, così sorpresa ed in estasi, doveva senz’altro essere quella di un uomo che aveva trovato il Paradiso, perché non c’era altra spiegazione. Ogni suo muscolo s’irrigidì nello sforzo di stare fermo e non causargli altro dolore, e malgrado avesse un autocontrollo di sé eccellente, doveva davvero essere un arduo compito. I suoi occhi blu sembravano ancora più profondi e scuri del solito, quando lì puntò sul ragazzo: «Respira piano, Dean. Rilassati, non mi muovo finché non stai meglio» gli assicurò e lui gliene fu immensamente grato, perché la sola idea che si spostasse di un centimetro lo mandava nel panico.
Re: SUPERNATURAL, Castiel/Dean Winchester, "Se ti togliessi quell'impermeabile [...]"
From:Bleach, Aizen Sosuke/Orihime Inoue, profumo
Date: 2011-01-06 04:26 pm (UTC)Orihime rabbrividì in un misto di disgusto per il modo infatuato con cui venne pronunciato il suo nome, oltre che per il brivido del piacere della carne quando alla lingua melliflua si sostituirono un paio di falangi.
Più rigide ma non per questo meno lussuriose nei movimenti, la fanciulla gemette in un misto di panico represso e insicuro, in aggiunta alla squisita scossa che la portò ad inarcare la schiena.
Si morse il labbro inferiore quasi a sangue, con le palpebre che si strizzarono dolorosamente tra loro, fino a vedere puntini bianchi nel buio auto imposto.
E la carne della sua intimità – perchè proprio le gambe non riusciva a serrarle – si strinse attorno a quelle due dita per la gioia del suo padrone.
Lui, Aizen Sosuke, sorrise a quello scatto istintivo ma non per questo ritirò la mano. Anzi, il padrone di quella stanza buia come la pece, di quell'oscurità che di normale non aveva nulla, sorrise maggiormente riportando la propria bocca melliflua a contatto con quella carne umida.
Come un esploratore risalì quella conca di carne deliziosa in modo esperto e sicuro. Andando a mordere lievemente il suo sesso esposto e nel mentre, esaminare con le dita le profondità della sua carne.
Ad un ritmo lento e costante, Aizen Sosuke – il dittatore, l'illusionista, il mostro – avvertì che la costrizione che stringeva le sue dita era dovuta anche ad un fattore fisiologico oltre che puramente psicologico.
Un qualcosa che stava portando la sua deliziosa ospite a gemere quasi di dolore a quel contatto, tanto indesiderato quanto irrazionale per la sua mente a resistergli.
Sorridendo, estrasse con riguardo il dito indice lasciando che solo il medio la penetrasse con colpi leggeri e passionali. Alla sua verginità, ci avrebbe pensato qualcun'altro. Non lui.
“Credi che Kurosaki si arrabbierà per questo, mia cara Inoue?”
DISNEY BIANCANEVE/DISNEY LA BELLA ADDORMENTATA, Grimilde/Malefica, "Cornuta!" "Strega!"
Date: 2011-01-06 06:12 pm (UTC)(...)
“Stammi lontana,” ringhiò, cercando di risalire a ritroso gli scalini.
Malefica le si avventò addosso, bloccandole i polsi sul marmo e strappandole un altro gemito di dolore, approfittando delle sue labbra dischiuse per insinuare la lingua tra di esse ed estorcerle un bacio come quelli a cui l'aveva costretta un tempo. Grimilde emise gli stessi mugolii di allora, indignati e poi impauriti, lentamente sempre meno convinti e più silenziosi, finché le sue lamentele non si ridussero al pallido tentativo di scostarsi di dosso l'altra donna, più pesante e più forte di lei. Riuscì a scostare il viso solo quando Malefica si allontanò per prima, e allora spalancò gli occhi “Bastarda,” le ringhiò addosso, ma così vicino che Malefica avrebbe potuto sporgersi in avanti e trovare di nuovo le sue labbra, cosa che in effetti fece, zittendo quel suo patetico “Caprona! Cornuta!” prima che potesse davvero uscirle di bocca e renderla ridicola.
Le lasciò andare i polsi solo per stringerle bene il fianco con una mano e cercare confusamente con l'altra l'orlo della lunga palandrana viola, per insinuarci sotto le dita e seguire la curva morbida delle sue gambe. Accettò con soddisfazione di sentirla affondare le unghie nella sua schiena, si inarcò indietro, prima di avventarsi famelica sul suo collo. “Strega!” Le sibilò contro la pelle arrossata appena sotto l'orecchio, come se fosse un'offesa, come se Grimilde non avesse preteso da lei quel tipo di riconoscimento ogni secondo, ogni minuto, ogni ora che avevano passato insieme in quel bosco, ogni volta che Malefica l'aveva toccata svelando ogni sua debolezza con la stessa facilità con la quale eseguiva i suoi incantesimi.
Si affrettò a sollevarle la stoffa dell'abito fin sopra la vita, costringendola ad aprire le labbra e le gambe allo stesso modo, ignorando i suoi pallidi tentativi di protesta ai quali nessuna delle due ormai credeva più.
Grimilde appoggiò la testa contro gli scalini, incurante del dolore che le procuravano alla schiena mentre si inarcava per le unghie di Malefica che le accarezzavano l'interno delle cosce, per le sue dita che si spingevano a fondo dentro di lei, strappandole un gemito più convinto e duraturo degli altri.
Spalancò gli occhi e fissò la notte attraverso un foro sul soffitto pericolante, contò le stelle mentre Malefica riprendeva possesso del suo corpo, anche se non l'aveva mai perso davvero quando il brivido di paura e piacere che le era rimasto incollato addosso in tutti quegli anni aveva continuato a tormentare le sue notti, aveva guidato le sue mani, i suoi sospiri e i suoi pensieri, così che Malefica c'era sempre stata, anche quando Grimilde era sola.
Arresa e ormai incapace di nascondere l'ondata di piacere che le attraversava il corpo, le dette fiato e voce gridando, mordendo le labbra dell'altra quando la cercò per baciarla ancora.
Strinse un'ultima volta le cosce intorno al suo polso magro e sorrise, guardando la Luna che era apparsa nel cielo. Era a casa.
Re: DISNEY BIANCANEVE/DISNEY LA BELLA ADDORMENTATA, Grimilde/Malefica, "Cornuta!" "Strega!"
Date: 2011-01-06 07:38 pm (UTC)Cavolo, chi si aspettava le due streghe più gnocche mai create dalla Disney, accoppiate in una femslash così ironica, ma anche romantica, e per di più scritta tanto bene? *___*
Sul serio, m'è piaciuta un botto.
Gli scambi di battute, la caratterizzazione, la sensualità di queste due donnine <3
Bella bella, complimenti &hearts!
Re: DISNEY BIANCANEVE/DISNEY LA BELLA ADDORMENTATA, Grimilde/Malefica, "Cornuta!" "Strega!"
From:PRINCESS PRINCESS, Shuya Arisada/Yujiro Shihodani, "Una Principessa deve saperlo fare..."
Date: 2011-01-06 07:09 pm (UTC)“Spogliati, Shihodani-kun. Fallo lentamente, con grazia, per me” mormorò quel giorno, Arisada, dopo il primo bacio a Yujiro, il quale aveva immediatamente perso tutta la voglia di ribellarsi.
Sciolse l'abbraccio e si allontanò di qualche passo.
Arrossì, mentre si sfilava il maglione e si sbottonava i jeans, lasciandoli scivolare ai piedi, coi movimenti misurati che aveva imparato a fare i giorni precedenti.
Seduto oltre la scrivania, il Presidente lo osservava compiaciuto, gli occhi affilati che brillavano di desiderio.
Era abituato da qualche settimana a vedere quello spettacolo, ma sembrava non saziarsene mai.
Da parte sua, Yujiro non provava meno disagio nel farlo.
Detestava Arisada, quindi era normale, che fosse riluttante, no?
Eppure alcune volte, arrivato al punto di doversi togliere i boxer, se li trovava già incredibilmente stretti, e allora odiava se stesso.
Gli bastavano semplici baci a ridursi così, di quello sì che c'era da vergognarsi...
Anche quella volta, a malincuore, il ragazzo si abbassò gli slip per rivelare il membro già indurito.
Deglutì a vuoto, alzando gli occhi su Arisada, come aspettandosi una risatina o una qualche battuta canzonatoria delle sue. Ma il Presidente si limitò a poggiare sulla scrivania il ventaglio che si stava rigirando tra le dita e alzarsi in piedi.
“Sei davvero bello, Shihodani-kun” commentò, sollevando gli angoli della bocca in quel sorriso che non era mai pienamente sincero e pulito – pensava Yujiro.
“Avvicinati”
Yujiro fece come gli era stato chiesto, i battiti che acceleravano. Non sapeva esattamente cosa fosse quel misto di ansia, aspettativa e vera e propria paura che provava, quando si trovava solo con Arisada, ma se da una parte la cosa lo tormentava, dall'altra lo eccitava.
E i complimenti di lui, per quanto sembrassero a volte melliflui e basta, riuscivano a infondergli anche una certa dose di orgoglio.
Poteva non sembrare, ma abituato a sentirsi messo da parte dai genitori a causa del fratellastro, Yujiro, segretamente, era debole.
Attenzioni come quelle che Arisada gli riservava – e che la Principessa invano cercava continuamente di provocare in Tooru – bastavano a risollevare l'autostima.
E dopotutto, il non poter avere per sé l'altra Principessa se non come un semplice amico, era una delle motivazioni che l'avevano spinto a cercare conforto e sfogo fisico tra le braccia di Arisada.
Dopo una carezza delicata sul viso, il Presidente lo attirò a sé per un nuovo bacio – più audace del primo, più sporco – per il quale Yujiro si trovò a gemere nella sua bocca. Come se non bastasse, una mano di Arisada si era poggiata sulle sue natiche, mentre l'altra era stretta sulla sua erezione, stuzzicandola appena col pollice.
Non l'aveva mai fatto, prima, e Yujiro prese a inarcarsi, al ritmo che il ragazzo gli imponeva masturbandolo.
Ad occhi chiusi, si aggrappò forte ai suoi fianchi, scosso da un piacere sempre più intenso, e dalle immagini che gli sfocavano i pensieri.
Tooru. Le mani di Tooru. I suoi occhi neri. L'espressione indifesa che gli aveva visto quando Sayaka era arrivata al Fujimori. La sua risata. Le sue labbra...
Arisada smise di accarezzarlo, come se si fosse accorto della sua distrazione, come se gli avesse letto nel pensiero che non era concentrato su di lui.
Gli rivolse uno sguardo penetrante, che mandò un lungò brivido giù per la schiena di Yujiro, e per un momento, sembrò che volesse chiedergli qualcosa al riguardo, ma l'istante sfumò.
“Shihodani-kun, inginocchiati” ordinò invece gentilmente, mentre si abbassava la zip dei pantaloni con calma. Il cuore di Yujiro prese a battere più veloce, sia per la richiesta che gli era stata fatta, sia per il fatto che, per la prima volta, si trovava di fronte al membro eretto e di un altro ragazzo.
“Io... non l'ho mai fatto...” biascicò, a mo' di scusa, tormendandosi il labbro inferiore coi denti.
Era vero: per quanto avesse sempre fantasticato sui ragazzi – su Tooru, in particolare, dalla prima volta che l'aveva visto - , non aveva mai avuto esperienze vere e proprie, se si escludevano quelle con Arisada – in cui si erano fermati a spogliarelli, toccate leggere, baci spinti e poco altro.
(...)
Re: PRINCESS PRINCESS, Shuya Arisada/Yujiro Shihodani, "Una Principessa deve saperlo fare..."
Date: 2011-01-06 07:11 pm (UTC)“Una Principessa deve saperlo fare...” fece Arisada, accennando un ghigno perverso, eppure in seguito fece sedere Yujiro sulla propria poltrona e si mise lui stesso, in ginocchio.
“Ma vorrà dire che ti insegnerò io” concluse, mentre la Principessa sgranava gli occhi con espressione incredula.
Lui stava davvero per...
“Ah...” sussultò Yujiro, quando sentì la lingua del ragazzo percorrergli l'erezione in tutta la lunghezza – dalla base alla punta, dove si fermò per leccare via il liquido che la bagnava.
Con calma, Arisada circondò il suo sesso con le labbra, e a poco a poco lo prese tutto in bocca, costringendo il ragazzo a mordersi le nocche per non gemere troppo forte.
Si muoveva con troppa lentezza, sfiorando con le dita l'apertura di Yujiro, di tanto in tanto, ma senza mai penetrarlo. Istintivamente, il compagno gli passò una mano tra i capelli, come per spronarlo ad aumentare il ritmo, o a fare altro – ormai non aveva più la lucidità necessaria per capirlo, e nemmeno sapeva di essersi perso in un'altra fantasia con Tooru come protagonista.
Tooru in ginocchio, gli occhi lucidi di desiderio, che lo scopava piano con la bocca...
“Sì... ancora...” mormorò la Principessa, quasi lasciandosi sfuggire il nome di Tooru.
A quel punto, Arisada fece una cosa a dir poco splendida con la lingua – assurdamente eccitante – e bastò quello perchè Yujiro venisse, senza riuscire nemmeno a scansarsi.
“Cazzo... Mi dispiace, Arisada-san, io non...” si scusò freneticamente.
L'altro si scostò, mandò giù con naturalezza, leccandosi piano le labbra, soddisfatto. Sembrava non se la fosse presa, tutt'altro.
“Non importa. Vedi solo di imparare a fare quel che ho fatto io” replicò, con una strana espressione.
Era ancora insoddisfatto, notò Yujiro, ma non si masturbò né pretese che l'altro lo facesse. Si riassettò i vestiti, mentre la Principessa raccoglieva i propri.
[...] (http://nemofrommars.livejournal.com/46742.html)
Re: PRINCESS PRINCESS, Shuya Arisada/Yujiro Shihodani, "Una Principessa deve saperlo fare..."
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From:White Collar Alex/Kate/Neal, Girls just wanna have fun 1/2
Date: 2011-01-06 07:45 pm (UTC)Se qualcuno avesse chiesto a Neal come erano arrivati lì non era certo che avrebbe saputo rispondere. Neal non si ubriacava mai (ed era certo, comunque, di non aver bevuto così tanto quella sera) ma non riusciva a pensare da cos’altro sarebbe potuta derivare quella sensazione di leggerezza che sembrava avvolgerli il cervello.
O forse era dovuta a Kate, a come la sua mano gli stesse passando sul petto, lentamente, accarezzando ogni suo muscolo con dovizia, al suo sorriso predatorio e un po’ competitivo.
O forse era dovuta ad Alex, che lo guardava austera e bellissima accanto a Kate, che si stava abbassando su di lui, premendogli i suoi seni sulla spalla prima di baciargli l’orecchio e prendere il lobo tra i denti.
Kate. Amava Kate, amava Kate più di quanto avrebbe mai potuto ammettere, più di quanto avrebbe mai potuto spiegare al mondo. Era un amore irrazionale che non riusciva a controllare e che lo spingeva a compiere le pazzie più assurde, i colpi più difficili, solo per darle quello che voleva.
Alex. Non amava Alex, ma la desiderava, desiderava la sua intraprendenza, la sua intelligenza e i suoi occhi e il modo in cui lo istigasse con ogni sua singola parola. Forse, a dire il vero, c’era stato un momento della sua vita in cui aveva amato Alex e le sue gambe lunghe che si stringevano attorno al suo corpo, ma era stato prima di Kate, prima di tutto.
Però ora erano entrambe lì, i loro corpi stretti al suo e Neal non avrebbe mai potuto dire loro di no, mai. Qualunque cosa avrebbero voluto fare di lui, qualunque assurdo piano avessero per quella serata, Neal non si sarebbe opposto.
Non si oppose mentre la mano di Kate scese a slacciarli i pantaloni o mentre quella di Alex scese e si infilò dentro i boxer senza alcun pudore.
E poi non si oppose mentre quella di Kate la raggiunse e non si oppose – ma si inarcò, perdendo qualche respiro – mentre le loro dita cominciarono a sfiorarlo lentamente, giocando tra di loro.
Kate ed Alex ridevano sopra di lui, come ragazzine che avevano appena trovato il loro nuovo giocattolo e Neal tese una mano, perché aveva voglia di toccarle o portarsele addosso, ma Alex respinse il suo braccio divertita.
«No, Neal, puoi guardare ma non toccare,» gli disse, prima di voltarsi e baciare Kate. E Neal guardò, guardò mentre Alex alzava la mano che non era impegnata a rovistargli i boxer e la portava sulla nuca di Kate, a giocare con i suoi capelli e mentre Kate piegava la testa e approfondiva il bacio con ferocia, stringendosi addosso ad Alex, i loro seni che si stringevano perfettamente, come un dipinto.
E nel frattempo le loro mani continuavano a giocare, a sfiorare fugacemente la sua erezione, che pulsava e faceva quasi male contro la stoffa dei suoi boxer.
Non era mai stato così eccitato in tutta la sua vita, ma avrebbe fatto quello che gli avrebbero detto, rimase fermo e le guardò ridacchiare nel bacio e poi ricominciare, stringere la sua erezione con più forza, accarezzarla lentamente, con un ritmo preciso.
Neal aveva perso la cognizione del tempo e dello spazio mentre guardava Kate posare la mano libera sul seno di Alex e cominciare a palparlo, staccandosi dal bacio per spostare la bocca sul collo dell’altra e cominciare a succhiare.
White Collar Alex/Kate/Neal, Girls just wanna have fun 2/2
Date: 2011-01-06 07:46 pm (UTC)Alex mugugnò al contatto, stringendo per un singolo secondo la sua erezione con troppa forza, ma Neal non si lamentò. Non aveva la forza di lamentarsi quando tutto quello che aveva davanti era così perfetto che aveva quasi paura sarebbe scomparso se si fosse mosso con troppa fretta.
E poi stava venendo, senza nemmeno sapere come o perché e registrò solo Alex e Kate che ritiravano le mani, due sorrisi identici sul viso.
«Pensi che sia finita, Neal?» stava bisbigliando Alex, gli occhi che brillavano di quella luce che Neal aveva visto solo prima di uno dei loro colpi più grossi.
«Noi abbiamo appena cominciato a divertirci,» lo informò Kate, sfiorando le sue labbra, senza mai baciarlo.
E dopotutto, chi era lui per dire loro di no?
Re: White Collar Alex/Kate/Neal, Girls just wanna have fun 2/2
From:Mitologia Greca, Ade/Persefone, Sindrome di Stoccolma
Date: 2011-01-06 09:17 pm (UTC)Warning: Violenza psicologica
Lui è furente. Si gira a guardarla e i suoi occhi lampeggiano di ira e delusione; sotto quello sguardo lei cerca di farsi piccola, ma sa di non poter fuggire.
La gentile premura di Lui diventa solo un ricordo.
Le mani forti che prima la accarezzavano le strappano brutalmente la veste dal corpo, lacerando la stoffa preziosa come se non valesse nulla. Bruscamente, Lui la gira sulla pancia, sollevandola e buttandola di nuovo sul giaciglio. Le sfugge un grido, anche se sa che urlare e dibattersi non servirà che a farlo irritare ancora di più. Adesso quello che le resta da fare è solo cercare di stare ferma e accettare coraggiosamente la punizione che merita.
Ah, ma come ha potuto fare un errore così stupido da dispiacere il suo Signore, anche in quella notte così promettente?
Lui le alza i fianchi con le mani, costringendola a puntare le ginocchia contro il letto, come se fosse una cagna, e non una Regina. A lei sfugge una lacrima per quell'umiliazione, e una seconda quando lui le percuote bruscamente le natiche chiare, lasciando sicuramente un segno rosso sulla carne bianca.
Piange, Persefone, ma non chiede pietà, né chiede perdono. Lui non l'ascolterebbe, adesso.
Però le sfugge un lamento quando lui la penetra completamente in un solo movimento. La paura ha asciugato i suoi umori, e l'intrusione nella sua carne brucia quanto le prime volte. Lui se la tira contro per i fianchi, affondando ancora di più in lei, poi si ferma.
Persefone non osa muoversi. E' la prima volta che Lui le dà tregua, mentre la prende per punirla.
Ed è anche la prima volta che le parla, in uno di quei momenti.
-Perché non mi sei grata, Persefone?- le chiede con voce disperata. -Perché rifiuti i miei doni? Non sono forse generoso con la mia sposa?-
Le si stringe il cuore, all'udire quella voce. Certo, lui l'ha portata via da sua madre senza chiedere il suo consenso, tanti anni prima. Ma da allora l'ha riempita di doni, l'ha amata e l'ha punita solo quando lo meritava. E' lo sposo migliore che Persefone possa immaginare, e lei lo ama. Vorrebbe essere perfetta per lui, ma non lo è, e quando sbaglia lui deve punirla.
Consapevole di questo, della bontà di Lui e della propria incapacità, Persefone tace e si sottomette docilmente quando lui comincia a spingere sempre più forte dentro di lei, imponendosi di non piangere anche se si sente lacerare dal membro grosso e duro.
E' solo un'impressione, comunque: non appena si rilassa e riprende a respirare lentamente, il dolore si attenua e una sensazione piacevole comincia a scaldarla. Timidamente il piacere dimenticato nella punizione si riaffaccia ai suoi sensi; ed ecco, non è forse la prova migliore della generosità del suo Signore? Anche mentre la punisce le permette di godere dell'amplesso; anche mentre si accoppia con lei come farebbe un animale, la fa sentire una donna degna di provare il morbido piacere dell'amore.
Alla fine lei geme quando lo sente accelerare, quando dita di Lui stringono i suoi fianchi così forte da lasciare il segno, e Lui grida il suo nome mentre riversa in lei il suo seme divino. Piacere e dolore sono una cosa sola, come lo sono paura ed amore, nella mente e nel corpo di Persefone.
E quando lui, soddisfatto, si lascia cadere al suo fianco e si addormenta, lei lo guarda riposare e gli accarezza dolcemente i riccioli neri, beandosi del suo viso sereno, e pensando tra sé che la prossima volta sarà tutto perfetto, e che lei sarà finalmente la sposa capace di compiacere il suo Signore.
RPF MY CHEMICAL ROMANCE, Dr. Death Defying/Show Pony, "Potrebbe essere l'ultima notte"
Date: 2011-01-06 09:26 pm (UTC)Show si muove sopra di lui, tutto muscoli e linee sinuose. Sembra un porno, sembra un dio, con quegli occhi in fiamme e i capelli arricciati sul collo, i tendini tesi nelle braccia mentre si regge al muro e l’addome contratto mentre si abbassa e lo prende dentro tutto.
Death per un secondo cerca di andargli incontro e non ci riesce - se ne scorda, in certi momenti - e subito ringhia, frustrato, gli punta le mani sulle ginocchia, gli allarga le gambe e Show perde l’equilibrio. Scivola in avanti, fa appena in tempo a piantare un gomito sul cuscino per non cadere, sussulta quando il dottore esce da lui poi gli si cala di nuovo sopra e dio, sì, proprio lì, l’angolazione perfetta.
Ad ogni affondo Death gli sfrega la prostata e Show non sa più dov’è, chi è, qual è l’alto e qual è il basso. Sa solo che sotto di lui, dentro, tutt’intorno c’è il dottore - che c’è una mano grande, ruvida, callosa, alla base della sua schiena, che lo guida, e che l’altra è sul suo collo, gli piega il mento, gli accarezza la guancia.
Death lo bacia, rude, esigente, e lui vede le stelle. Inarca la schiena in una curva impossibile, viene senza neanche essere toccato, è troppo, il black out. Dopo un’eternità torna sulla terra e sta ancora scopando il dottore, frenetico, disperato, perché è duro e lo vuole sentire, lo vuole sentire fino in fondo. Gli infila le mani tra i capelli, lo bacia e si preme contro di lui finché non lo sente tremare tra le proprie cosce.
E quando Death viene dice qualcosa di confuso premuto contro la sua bocca che potrebbe essere una bestemmia, potrebbe essere il nome di Show, potrebbe essere un segreto.
Ma di dei non ce ne sono più, e il suo nome il dottore non l’ha mai saputo.
“Anch’io,” sussurra, gli angoli della bocca arricciati, e non importa se l’altro lo sente.
Passano ore stretti su quel letto, sporchi, stanchi, a guardarsi. Si sfiorano, i visi, i capelli, pensando a cosa dovrebbero dire. Show apre bocca. “Potrebbe essere l’ultima notte.”
Death lo sa, e ci penserà anche lui. Fra un minuto.
La notte è ancora lunga.
Re: RPF MY CHEMICAL ROMANCE, Dr. Death Defying/Show Pony, "Potrebbe essere l'ultima notte"
Date: 2011-02-06 03:19 pm (UTC)Cercavo una bella FF sui MCR e ho trovato questa, è davvero eccezionale, intensa nella sua brevità e scritta meravigliosamente!
Complimenti, mi è piaciuta un sacco!
Re: RPF MY CHEMICAL ROMANCE, Dr. Death Defying/Show Pony, "Potrebbe essere l'ultima notte"
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From:Senti, c'è Lesbia?
Date: 2011-01-06 10:02 pm (UTC)Da leggere completo (http://twin-shadows.livejournal.com/542.html)
Lavinia era semplicemente sbalordita dal fatto che Catullo non la conoscesse. “Pure con te? Io sapevo degli altri uomini! Cioè, solo adesso mi stava dicendo di voler allargare i suoi orizzonti!” esclamò guardando Lesbia, che però ricambiava solo lo sguardo di Lavinia. “Addio sfregamento di peni” pensò mestamente. La ragazza molto colorata avanzò verso la stanza con fare sicuro e salutò con un bacio le soffici labbra di Lesbia. “Ehi amore mio” disse accarezzandole un seno nudo. Catullo notava, che al contrario suo, le due non perdevano tempo in chiacchiere: Lesbia con abile maestria cominciava sbottonare la camicetta di Lavinia e, arrivata alla fine, le slacciò il reggiseno.Entrarono in un’intimità sublime, passarono le loro labbra sui loro ventri piatti e candidi, finchè Lavinia non si girò, mettendo il suo sesso davanti alla faccia di Lesbia e avendo davanti alla sua lingua la rossa vagina dell’amata.Il povero Catullo, incredulo, resta a guardare mentre con passione le ragazze si dedicavano l’una alla fica dell’altra: toccò il proprio pene e iniziò a masturbarsi; inizialmente vedendo quei due corpi nudi contorcersi di piacere la sua eccitazione non si manifestò, ma la loro bellezza nell’unirsi era tale che non poteva resistere. Dopo qualche minuto si avvicinò a loro e cominciò a baciarle, prima le spalle, poi le natiche. Le due si accorsero finalmente di lui e per ringraziarlo si avvicinarono al suo membro eretto e iniziarono a mordicchiarlo e a baciarsi mentre una di loro lo teneva con una mano. Con una mano Gaio prese la vasellina che era appoggiata sul comodino e si sporse per spalmarla sui glutei di Lavinia, fino ad arrivare all’ano; massaggiando dapprima delicatamente per poi passare a schiaffeggiarla fino a farle diventare il culo rosso. La puttanella gemeva di piacere e più godeva per quegli schiaffi, più succhiava tenendolo in gola fin quasi a soffocare; più sentiva il suo cazzo in gola più pensava a come farsi sbattere; più pensava a come farsi sbattere più la sua vagina era bagnata, e ad usufruire di quel liquido denso era Lesbia che leccava senza interruzione la sua fica. A quel punto le ficcò un dito nel culo già umido di piacere e di vasellina, e iniziò a spingerlo dentro finché lei non gridò, interrompendo il pompino che stava facendo a Gaio.
Lavinia si voltò decisa, dando il dietro a Catullo: con fare esperto diresse con la mano il cazzo eretto sul sedere e lo appoggiò sui suoi glutei; se lo strofinò per un paio di secondi e Gaio, appena vide che era abbastanza eccitata, inziò a spingere il proprio cazzo dentro. Non era come Lesbia, il passaggio era stretto e bisognava fare attenzione a non esagerare: spingeva e si fermava, spingeva e si fermava, finchè non entrò la cappella. Dopodichè cominciò a muoversi piano dentro Lavinia, quando non forzò l’ingresso e le penetrò il culo con forza. Lavinia gettò un urlo di dolore e per bloccarla, Lesbia, che nel frattempo era passata davanti, la baciò e le morse un labbro. Intanto Gaio Valerio, che si muoveva con disinvoltura nell’ano della ragazza, stava per ululare di piacere, e lei lo pregava di continuare finché il suo culo “non fosse rotto tanto da sanguinare”; Lesbia sotto di loro palpava i seni della ragazza: con una mano si masturbava e con la lingua leccava i testicoli di Catullo. In un intreccio di puro piacere i tre cambiarono posizioni più volte: lui scaraventò a terra Lesbia e tenendole ferme le mani le infilò il cazzo su per la gola iniziando a punirla per ciò che gli aveva detto prima. “Ti prendi gioco di me, vero puttana? Vuoi farmi passare per il cornuto della situazione?” Come d’un tratto prese coscienza della realtà: “Succhialo stronza, vedi come allarghi i tuoi orizzonti poi. Ma se ti devi scopare un altro devono sapere che non puoi più fare pompini perché ti ho trafitto la gola, sì proprio col cornuto che volevi fotterti!” intanto con una mano le stringeva la gola fino a farla diventare rossa per lo sforzo. Gaio si fermò per entrarle dentro. Continuò per qualche minuto, poi, quando stava per venire, le fece mettere una accanto all’altra, prese il cazzo in mano e sopra di loro fece una sborrata lunga e calda.
THE VAMPIRE DIARIES Katherine/Stefan, nella tomba
Date: 2011-01-06 10:06 pm (UTC)Le labbra di Katherine hanno il sapore del passato, dei giorni in cui tutto era più facile, e le cose giuste e quelle sbagliate avevano un margine di differenza praticamente intangibile.
Il bacio di Katherine sa di sangue, quello che il suo corpo pretende e la sua coscienza rifiuta, e che può sentire scorrere sotto la pelle di lei, la pelle così deliziosamente calda di lei, che si ritrova a baciare senza sapere perché.
L'abbraccio di Katherine è possessivo e quasi rabbioso. Sei mio, sembra urlare, mentre affonda le unghie nelle sue spalle. Sei mio, ribadisce, quando le sue mani si fermano sulla fibbia della cintura. Sei solo mio, grida ancora, ed improvvisamente lui si ritrova schiacciato contro il muro di pietra, e lei è in ginocchio tra le sue gambe.
La bocca di Katherine si chiude intorno al suo sesso ed inizia dapprima a leccarlo con voluttà, e poi a succhiarlo con violenza. Stefan può sentire le zanne di lei sfiorargli la pelle, ed un altro brivido si aggiunge a quelli che le carezze della sua lingua gli stanno già provocando.
Per un attimo è come se avesse ancora diciassette anni – diciassette anni veri, quando del mondo non te ne frega veramente un cazzo, e tutto ciò di cui hai bisogno è qualcuno da amare alla disperazione –, come se tutto quello che è successo in quei centoquarantacinque anni non avesse più importanza (nemmeno Damon, nemmeno Elena), e fossero ancora loro due soli, con il loro amore proibito e contrastato, tanto simile a quello dei libri che il suo istitutore gli faceva leggere.
L'orgasmo di Stefan ha il sapore dei rimpianti, delle cose che avrebbero potuto essere e non sono mai state, e della totale incapacità di decidere se ciò sia stata davvero la cosa migliore.
RPF Calcio Diego Milito/Thiago Motta, campioni del mondo
Date: 2011-01-06 10:10 pm (UTC)~~
“Ho caldo,” si lamenta Thiago voltandosi a pancia in su sul letto. “Diego, ho caldo.”
“Piantala, sembri quella pubblicità idiota del tè freddo,” sbuffa Diego senza cercare di nascondere il piccolo sorriso che li incurva le labbra. “E comunque no, non accendiamo il climatizzatore, altrimenti quando usciamo ci prendiamo--”
“Quanto sei noioso,” lo interrompe Thiago alzandosi a sedere. “Giuro, se la cosa non mi desse i brividi, ti chiamerei ‘mamma’.”
“Fallo e giuro che ti soffoco nel sonno,” lo minaccia Diego, lanciandogli un’occhiata torva. “Anzi, ti sveglio e poi ti soffoco.”
Thiago ride piano, con un accenno di esasperazione, e lo guarda in silenzio, seduto sul bordo del letto. Diego incontra il suo sguardo diversi secondi dopo, incuriosito da quell’inaspettato momento di quiete; il ronzio del minibar è l’unico suono nella stanza, e sono troppo in alto perché il chiasso della strada possa raggiungerli.
Quando non ne può più di quel silenzio e del sorriso stampato sulla faccia di Thiago, l’argentino scote il capo e mormora un timoroso “Cosa?”
Thiago esita solo per un attimo, poi gli si getta letteralmente addosso, bloccandolo sul letto con il suo peso. La rivista che Diego stava leggendo finisce a terra, ma lui nemmeno lo nota, perché adesso quel sorriso è a pochi centimetri dal suo volto e inevitabilmente contagia anche lui. “Siamo campioni del mondo,” gli mormora Thiago contro la guancia, con lo stesso tono entusiasta che userebbe un bambino alla sua prima volta a Gardaland.
“Me ne sono accorto,” ribatte Diego divertito, e le sue mani si muovono quasi per conto loro, andando ad infilarsi sotto la maglietta di Thiago. “Ti è tornata voglia di festeggiare? Gli altri saranno ancora in giro, è presto per l’aereo.”
“Stavo pensando ad un festeggiamento un po’ più privato,” gli fa notare Thiago, e un momento dopo le sue labbra si chiudono sul collo di Diego.
“Ma non avevi caldo?”
“Diego, sei un rompicoglioni,” sbuffa fuori Thiago ridendo e si solleva a sufficienza per guardarlo in faccia. “Ma uno di quelli monumentali.”
Questa volta è Diego a ridere, ma smette non appena le labbra di Thiago si chiudono sulle sue e quello che segue è una protesta appena accennata, che si affievolisce fino a scomparire quando il bacino del ragazzo si spinge contro il suo. Nel momento esatto in cui decide che sì, un festeggiamento privato non è poi così male, qualcuno bussa della loro camera - e a giudicare dal motivetto improvvisato, non può essere che una persona. Per un attimo Diego si fa prendere dal panico quando si volta verso la porta e vede la maniglia muoversi; recupera quasi tutti i dieci anni di vita persi quando in realtà non si apre.
“Ma vi siete chiusi dentro?” chiede Deki con un cenno di incredulità nella voce.
“Secondo te?” sbotta Diego senza pensarci troppo e il suo tono irritato per lo spavento appena preso fa scoppiare a ridere Thiago.
“Dai, donnette paranoiche, abbiamo un aereo da prendere,” li esorta Deki, per poi allontanarsi lungo il corridoio, probabilmente per avvisare gli altri.
Thiago approfitta di quel momento di distrazione per infilare la mano tra di loro e oltre l’elastico dei pantaloni di Diego, che lo guarda incredulo e scuote il capo. “Non abbiamo tempo.”
Thiago alza gli occhi al cielo e lo ignora, iniziando ad accarezzarlo lentamente e, per evitare altre proteste, riprende a baciarlo. Diego cerca di spingerlo via, ma la sua opposizione dura all’incirca dieci secondi, poi le sue mani si spostano dalle spalle di Thiago, scendendo fino ad afferrargli i fianchi. I passi di Deki che attraversa nuovamente il corridoio vengono completamente ignorati questa volta ed entrambi si limitano a cercare di non lasciarsi sfuggire alcun suono.
Diego impreca mentalmente quando quel proposito si rivela a tutti gli effetti fantascientifico e lui è costretto a interrompere il bacio e a mordersi il labbro per trattenersi. Lancia un’occhiata furtiva alla porta, ma riporta subito lo sguardo sul viso di Thiago a pochi centimetri dal suo e le sue labbra si piegano in un sorriso.
Re: RPF Calcio Diego Milito/Thiago Motta, campioni del mondo
Date: 2011-01-06 10:10 pm (UTC)“Niente,” Diego scuote il capo e chiude gli occhi, abbandonandosi sul letto ormai mezzo sfatto. Nel momento in cui viene, le sue dita stringono i fianchi di Thiago così forte da lasciare dei piccoli segni rossi, e si lascia sfuggire un unico gemito, che immediatamente cerca di soffocare contro la spalla del ragazzo.
Thiago gli lascia pochi secondi per riprendere fiato, poi gli bacia la fronte e si rialza, ignorando l’impulso di fregarsene dell’aereo e andare fino in fondo. “Alza quel sedere campione del mondo, che siamo in ritardo.”
“E per colpa di chi?” brontola Diego mentre si rialza in piedi. “Devo pure cambiarmi,” borbotta mentre recupera il bagaglio a mano e si fionda in bagno. Quando esce, pochi minuti dopo, cerca incrocia lo sguardo di Thiago, un po’ incerto. “Ma tu non--”
“C’è tempo in aereo,” suggerisce lui con un sorrisetto.
“No,” Diego dichiara categorico, scuotendo energicamente il capo. “Con Benitez intorno? Nemmeno se avessi segnato otto gol nella finale. O trovato la cura per il raffreddore. O vinto il Nobel.”
“Vedi che sei davvero un po’ rompicoglioni?” Thiago alza gli occhi al cielo e lo spinge delicatamente contro il muro, ma sta ancora sorridendo.
“Anche tu hai i tuoi momenti, eh,” gli fa notare l’altro con un pizzico di divertimento. Un attimo dopo scoppia a ridere e appoggia la fronte alla spalla di Thiago, tirandoselo vicino. “C’è sempre l’aeroporto, però,” aggiunge sotto voce, voltando il capo quanto basta per baciargli il collo.
Thiago annuisce e rimane in silenzio per diversi secondi, prima di piegare la testa di lato e lasciarsi scappare un piccolo sospiro. “Diego.”
“Mh?”
“Ho caldo,” ammette Thiago tirandosi un attimo indietro per incontrare il suo sguardo.
Diego lo fissa incredulo per qualche istante, poi lo spinge all’indietro verso la porta e scoppia a ridere, esasperato. “Andiamo, idiota, ci aspettano.”
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Anche qui (http://jen-jm.livejournal.com/135866.html)
Ginny Weasley/Ninfadora Tonks, "Fai la faccia che mi piace tanto"
Date: 2011-01-06 10:27 pm (UTC)Sorride e geme mentre muove il bacino contro le dita della compagna e viene coccolata dal suono dei suoi sospiri smorzati e dalle tenerezze che di quando in quando le dice. Ha una voce così dolce, una pelle così morbida, i capelli così setosi… E' così femminile.
Passerebbe le ore a fissarla senza fare altro; al massimo sorriderebbe e, chissà, magari si concederebbe di arrossire leggermente di quando in quando, all'idea della morbidezza delle sue labbra e al ricordo dei suoi gemiti.
"Fai la faccia che mi piace tanto," la provoca l'altra, distogliendola dal suo flusso di pensieri.
Avvampa in pochi secondi, salvo poi calmarsi e trovare il coraggio di provocarla. "Fammela fare tu."
Ninphadora la fissa con sguardo di sfida, prima di accostarsi maggiormente alla più giovane e mettersi più comoda, le gambe incastrate con quelle di Ginny e il suo clitoride che sfrega contro il proprio.
La rossa sgrana gli occhi e Tonks può vedere che ha difficoltà a prendere fiato. E' una cosa che adorano entrambe: lei che la incalza fin da subito bruscamente, e Ginny che in pochi istanti comincia a gemere sempre più forte, fino ad urlare nel momento in cui finalmente rovescia il capo all'indietro e stringe gli occhi più forte che può e viene- rumorosa, indiscreta, sporca; Tonks la ama così tanto che leccherebbe via ogni minima traccia del suo piacere ed è quello che fa, adesso che Ginny è troppo stanca per impedirglielo.
"Ninphadora-" la chiama, aprendo e chiudendo i palmi delle mani, "vieni qui, vieni qui…"
"Subito." obbedisce la più grande, lasciandosi cadere al fianco della sua ragazza e cominciando a tempestarla di piccoli baci sulla fronte, il naso, le guance, gli occhi, tutto.
"Amore," comincia Ginevra, e Tonks ama così tanto che la chiami così da poter sorvolare perfino sul fatto che prima ha usato il suo nome di battesimo, "quando torna Remus?"
Ninphadora si irrigidisce leggermente, mentre fa mente locale e un lampo di apprensione le passa negli occhi. "Tra meno di un'ora. E' meglio- temo che sia meglio rimettere tutto in ordine."
Ginny non ha mai capito perché si ostini a voler fare tutto senza magia, lei che può. E' un auror, perdiana, e non può nemmeno usare un semplicissimo gratta e netta?
E poi, nel rimettere a posto per l'ennesima volta, capisce.
Sono momenti preziosi, attimi in cui l'intimità tra loro è maggiore perfino rispetto a quando sono nude su un letto; Tonks scherza con lei, e Ginny la prende in giro sul fatto che non sappia rifare un letto senza farsi male in una qualsiasi imbarazzante e assurda maniera, e poi la doccia in cui Ninphadora saltella quando l'acqua è ancora gelida e lei che la raggiunge solo quando ormai la temperatura è attorno ai cento gradi ed il vapore si disperde per tutta la casa, da quanto tempo restano là sotto a scherzare, farsi il solletico e poi i baci e ti insapono la schiena e no, Remus sta per tornare.
Quando Remus torna, non è la prima volta che Ginny venga trovata ancora in casa. Hanno preparato una scusa ottima, a prova di bomba, ma mentre Tonks comincia a raccontare Ginny lo guarda negli occhi, vede il suo sorriso triste e capisce che potrebbero anche raccontargli la peggiore delle panzane e Remus ci crederebbe lo stesso.
Lupin ci vuole credere. Ha un tale e disperato bisogno di credere che sua moglie sia la persona onesta e fedele che ha sposato da essere disposto ad aggrapparsi alla scusa peggiore, alla più scadente bugia di questo pianeta. Tutto, ma non la verità.
[continua sotto]
Re: Ginny Weasley/Ninfadora Tonks, "Fai la faccia che mi piace tanto"
Date: 2011-01-06 10:28 pm (UTC)"Dora, non sto per avere le mie cose," la prende bonariamente in giro Lupin, sorridendo alla piccola di casa Weasley, "ho solo bisogno di mangiare carne al sangue, quando si avvicina la luna piena ne ho - sai - l'impulso. Ma per voi due possiamo organizzare qualcos'altro, senza il minimo problema."
Ginny china lo sguardo e declina l'invito con voce mesta, ed è solo in quel momento che sente la fitta della colpa trafiggerle il cuore. Solo nel vedere l'amore e la sofferenza negli occhi di Remus si rende pienamente conto di cosa lei e Tonks gli abbiano fatto e solo quando arriva a casa può permettersi, per la prima volta da quando è cominciata quella storia, di mettersi sotto le coperte e cominciare a piangere sommessamente.
INCEPTION, Arthur/Eames, "Ti stavo aspettando, darling"
Date: 2011-01-06 11:52 pm (UTC)Non si stupì di sentire le mani dell’amante artigliargli il fondoschiena, per insinuarsi con le peggiori intenzioni nel solco fra le sue natiche. L’aveva previsto, così come la mancanza di delicatezza che ebbe nell’infilargli un dito dentro, in profondità, senza nessuna cautela. In una normale situazione a quella sbrigativa preparazione sarebbe seguita l’intrusione di qualcosa di notevolmente più doloroso e appagante di un dito, ma Arthur aveva bisogno di restare lucido e gli sarebbe risultato impossibile con il sesso di Eames piantato nel corpo.
Abbandonò quindi le sue labbra e cercò di liberarsi, ma il Falsario non sembrava della stessa opinione, infatti lo penetrò con un secondo dito.
Arthur inghiottì un’imprecazione e il gemito che la seguiva, poi si accostò all’orecchio dell’altro, aggrappandosi forte alle sue spalle per non cedere al piacere.
“Voglio farti una cosa, prima, Mr Eames.” mormorò con voce roca, riuscendo così ad allontanare la mano dell’amante.
Scivolò sul suo corpo con le labbra fino a sedersi sul pavimento, fra le gambe aperte dell’uomo. Non smise un istante di guardarlo negli occhi, mentre con calma gli massaggiava le cosce ancora rivestite dai jeans.
Eames si accomodò meglio sulla poltrona, sorridendogli compiaciuto.
“Sei uno spettacolo, Arthur.”.
Gli sorrise di rimando, riuscendo non si sa come a mantenere un’espressione maliziosa invece di lasciar trapelare l’agghiacciante ghigno vendicativo che rispecchiava i suoi reali sentimenti, e gli passò la mano aperta sull’inguine, dove il calore era più intenso, lasciandola scorrere lentamente, per amplificare l’attesa.
I ricordi affiorarono spontaneamente nel suggerirgli la sensazione tattile che infinite volte aveva provato nell’accarezzarlo intimamente: tutto di lui era impresso così a fondo nella sua mente che avrebbe potuto prevedere ogni gemito, ogni sussulto, ogni brivido di piacere del suo amante.
Sapeva ad esempio che preferiva una stretta decisa a blande carezze, e che se avesse pronunciato il suo nome con una certa sfumatura nella voce le sue labbra si sarebbero piegate in un sorriso tenero, che non gli si addiceva per niente ma che, contro ogni logica, gli faceva tremare il cuore.
Piegò di lato la testa e assaporò la pelle alla base della sua erezione, leccandola senza nessun pudore, risalendo con la bocca lungo i centimetri che la mano lasciava scoperti e andando oltre, sulle sue stesse dita, fino alla punta. Eames gli strattonò indietro la testa, prendendolo fra il collo e l’orecchio, ma solo per poterlo guardare un momento in viso, perché quello che gli stava facendo era decisamente troppo perfetto per interromperlo.
Strusciò la guancia sul suo palmo ruvido e si girò a baciarglielo. Poi decise che non gli bastava, e prese a leccarglielo dal basso verso l’alto, con un tale lascivo abbandono che Eames dovette ritirare svelto la mano e sovrapporla a quella del compagno sul suo membro. Arthur scese a mordergli pigramente una coscia e attese che si rilassasse nuovamente. Quando l’altro finalmente sciolse la presa, Arthur gli bloccò il polso contro il bracciolo e gli circondò la vita con un braccio, in un assalto inaspettato, piegandosi su di lui con un sorriso predatorio che svanì nell’attimo in cui le sue labbra raggiunsero la pelle tesa dell’amante.
Il sospiro estasiato di Eames gli spedì un brivido intenso lungo la schiena, e il desiderio intossicante di farlo godere soverchiò per un momento qualsiasi freddo proposito di vendetta.
Gli allacciò anche l’altro braccio intorno al corpo e prese a muovere sensualmente le labbra, tenendolo stretto in bocca a lungo prima di lasciarlo uscire e strusciarsi perversamente su tutta la sua lunghezza, soffermandosi a mordicchiare un punto particolare e ad ascoltare il respiro rotto del Falsario. Si sentì accarezzare i capelli, il collo, le spalle, ma era solo uno sfiorare leggero, privo di forza, del tutto inconscio. Era completamente in suo potere.
Inception, Arthur\Eames, "Bondage"
Date: 2011-01-07 01:39 am (UTC)Eames scoppia a ridere e senza farselo ripetere due volte si libera di ciò che gli è rimasto addosso. Torna a sistemarglisi sopra e riprende proprio da dove aveva interrotto: gli morde la pelle vicino l’inguine si spinge sempre più verso il suo pene eccitato, ma senza arrivarci mai veramente; continua a mordicchiargli tutto l’interno coscia e quando arriva all’altezza del ginocchio prende a giocherellare, tracciando piccoli cerchi con la lingua.
“Eaaaaames…” lo chiama Arthur, un po’ un ordine e un po’ una preghiera, perché lo sta facendo letteralmente impazzire e, come se non bastasse, senta la sua erezione premergli contro una coscia e mandarlo su di giri ancora di più.
Ma Eames sembra ignorarlo del tutto e ripercorre il medesimo tragitto all’incontrario; gli passa le mani sulle braccia tese per l’angolo particolare in cui sono costrette dalla cravatta che le tiene legate, le fa scorrere sulla base del collo, lungo il profilo della sua schiena e, in fine, le poggia sulle curve sode del suo sedere.
Arthur non fa che agitarsi maggiormente sotto di lui perché, seriamente, Eames deve smetterla di fare l’idiota e di divertirsi a farlo impazzire. Per questo Arthur non ama troppo questo genere di situazioni; non è che non gli piaccia la cosa in sé, che non la trovi eccitante, che non si fidi di Eames o cose del genere. E’ soltanto che se avesse le mani libere, al momento avrebbe già costretto Eames a scoparlo o a farsi scopare; invece, non avendo il controllo della situazione, non può fare niente al riguardo. Senza contare il fatto che odia non poter toccare Eames come vorrebbe.
Il Forger, dal canto suo, sta amando molto l’intera situazione. Non che non ami sempre situazioni del genere, che non ami sempre avere Arthur sotto di sé (o sopra di sé) o che abbia bisogno di legarlo da qualche parte per adorare ogni singolo istante in cui sono insieme nello stesso letto, ma ogni tanto gli piace vedere Arthur in quel modo; poterlo vedere arreso sotto di lui e, per una volta, osservarlo dover lasciare il controllo di una situazione a qualcun altro.
Si decide a fare qualcosa di più che carezzargli ogni centimetro di pelle nel momento in cui anche la sua erezione diventa quasi dolorosa e la voglia inizia a farsi troppo pressante. Afferra i fianchi di Arthur e, finalmente, gli si preme addosso in modo che le loro erezioni si tocchino e tutti e due sospirano soddisfatti. Eames va vanti a strusciarglisi contro per un po’, dondolandoglisi contro, fino a che non lascia scivolare lentamente un dito dentro di lui. Eames lo muove piano, preparandolo con cura, e sente il corpo dell’altro tremare totalmente e ansimare pesantemente. Quando lo penetra, a Eames manca per un attimo il respiro perché si ritrova perso tra la sensazione del corpo di Arthur che lo accoglie e quella delle sue gambe che gli si stringono intorno ai fianchi quasi fino a far male. Il Point Man rovescia la testa all’indietro, chiude gli occhi e si tende completamente mentre va incontro alla spinte dell’altro; sente la cravatta che gli lega i polsi tirare quando cerca di muoversi verso Eames e i muscoli delle braccia allungarsi all’infinito. Eames lo osserva con quella che potrebbe essere definita un’espressione concentrata sul viso, studia ogni suo minimo dettaglio mentre continua a spingerglisi dentro e modifica l’angolazione degli affondi per arrivare sempre più in profondità. Si sporge verso di lui mentre frappone una mano tra i loro bacini per avvolgere l’erezione di Arthur, lascia che i loro petti aderiscano l’uno all’altro e usa l’altro braccio per circondargli la vita così da poterlo baciare un’ennesima volta.
Arthur viene contro la sua mano che ha continuato a massaggiare la propria erezione e il suo singhiozzo di piacere muore nella bocca del Forger; riapre gli occhi con fatica, ansimando, giusto in tempo per vedere Eames raggiungere l’orgasmo a sua volta con un paio di ultime spinte irregolari.