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Titolo: Too Silent – tighten your theet. (link EFP).
Fandom: Fullmetal Alchemist.
Personaggi/Pairing: Roy Mustang, Roy!POV, nominati vari. 
Disclaimer: I personaggi e la storia (ahimé) non mi appartengono, ma sono solo e soltanto di proprietà di Hiromu Arakawa. La fiction non è stata scritta a scopo di lucro, bensì perché, ed ora finalmente lo ammetto, sono profondamente sadomasochista. *sigh*
Avvertenze: Flashfic, Spoiler!, Death!fic. 
Genere: Introspettivo, Drammatico, Angst.
Rating: Giallo. 
Parte: 1 di 1.
Conteggio parole: 409 (con Word).
Introduzione: «C’è troppo silenzio.» [...] Ti concentri ancora sul tuo udito, a quel senso che ora pare un miracolo avere ancora. Ti aggrappi a lui, ma l’unica cosa che riesci a sentire sono lo scalpiccio dei piccoli grumi di macerie che vengono scostati da chi, come te, sta cercando di rialzarsi. 
Note: 1. Ambientato nel terrificante *sigh* capitolo 104, indi la fiction è composta da enormiabnormi Spoiler.
2. …Ovviamente, interpretazione personale del momento. Solo la frase «È troppo silenzioso.» (rinterpretata poi come «C’è troppo silenzio.») è stata veramente detta da Mustang. 
3. Mustang POV, per chi non lo avesse capito.
4. Scritta per il One Hundred Prompt Project, con il prompt "udito". 
Note Aggiuntive: Prima questa fiction doveva contenere una Brosh!POV con accenni BroshRoss, poi una Edward!POV ed, infine, è diventata come la vedete ora, incentrata su Roy.
Per quanto mi riguarda ammetto tranquillamente una cosa: mi si è stretto in cuore, quando ho letto quel dannato capitolo. ç_ç Ed eppure continuo a sperare in una via d’uscita, anche minima, per quanto questa sia altamente improbabile. E nonostante tutto non contesto minimamente la scelta dell’Arakawa. Quella donna è qualcosa di geniale che ti spinge a fidarsi di lei – chissà perché? 
By the way, spero che la fiction sia di vostro gradimento.
Con affetto, 
Sayonara!
The One Hundred Prompt Project

 

Too Silent – tighten your theet.

«È troppo silenzioso.» attesti, mentre ti rimetti in piedi, combattendo l’istinto di aggrapparti a qualcosa per riacquistare l’equilibrio con più facilità. 
Ti concentri ancora sul tuo udito, a quel senso che ora pare un miracolo avere ancora. Ti aggrappi a lui, ma l’unica cosa che riesci a sentire sono lo scalpiccio dei piccoli grumi di macerie che vengono scostati da chi, come te, sta cercando di rialzarsi.
Edward urla immediatamente se per caso l’homunculus ci sia riuscito, se per caso il Padre abbia realmente trasmutato tutti i civili dello stato di Amestris nella pietra filosofale. E mentre questo si avvicina, mentre questo risponde che, sì, l’ha fatto, riesci a sentire solo i suoi passi che si appoggiano sul pavimento, e il rumore delle mani che si stringono a pugno delle persone ancora presenti, e i loro denti che rimangono stretti fra loro per non urlare dal dolore e l’ira profonda. 
Ascolti, e non puoi fare nient’altro.
Non vuoi crederci, non puoi crederci, e tutto quello che sei capace di fare è startene lì, una mano alla tempia, gli occhi sgranati ed eppure impotenti che cercano una luce, un qualcosa di concreto che possa aiutarli ad attestare la cosa di persona, un qualcosa che assicuri al loro padrone che andrà tutto bene, che non può essere successo seriamente e che di certo l’homunculus sta bluffando. Che ti riapparirà presto la vista, e che con quella potrai attestare che no; lo stato è salvo, tutti sono in vita e che presto potrai rivedere lo sguardo sorridente e deciso dei tuoi commilitoni, di Breda, Falman, Fury, Havoc, Riza. Che la vita continuerà, che non saranno loro ad essere sacrificati e che potrai proteggerli ancora una volta. Perché non è neppure minimamente impensabile che sia successo il contrario. 
Decidi finalmente di aggrapparti a qualcosa, cercando in ogni modo una via d’uscita, sforzando ogni tuo senso in una speranza ormai utopica.
Ma ormai sei completamente impotente, inutile persino per te stesso, senza più la possibilità di vedere ciò che sta succedendo. 
Stringi i denti fino all’inimmaginabile, sperando che così facendo fra qualche minuto riuscirai almeno a sentire la sensazione del tuo stesso sangue in bocca.
Stringi i denti, e aspetti qualche minuscolo rumore, qualche microscopico indizio di speranza. 
Aspetti, stringendo i denti, i pugni e gli occhi stessi. Ma il tuo udito non riesce a captare nulla, e tu resti lì ad aspettare, impotente.
Senti il sangue inumidirti la gola. 
Non si sente nulla.
«C’è troppo silenzio.» 

 
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