ext_25947 ([identity profile] fiorediloto.livejournal.com) wrote in [community profile] fanfic_italia2010-12-20 04:38 pm
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[Italian P0rn Fest #4] Masterlist

La pagina della masterlist è QUI. Leggete scrupolosamente il regolamento e le istruzioni prima di inserire le vostre fic nella lista.

Qui in basso, nei commenti, postate invece le fic. Ricordate di seguire le regole di postaggio indicate qui (scarsissime come sempre, vi facciamo fare il cappero che volete) e per il resto divertitevi! Le fic postate qui sotto non vanno ripostate a parte in community.

SHERLOCK (BBC) John/Sherlock, Esperimento

[identity profile] gondolin-maid.livejournal.com 2010-12-20 07:12 pm (UTC)(link)
[Potrei iniziare ad odiare lo slash solo per i guai che mi danno tutti questi pronomi maschili.
O forse no. Addio, grammatica italiana, a te posso rinunciare, ma mi tengo il gayp0rn!]

“Ma non avevi detto che...”
“Mi consideravo sposato col mio lavoro? Certo che l'ho detto. Ma il matrimonio non implica necessariamente la rinuncia a qualche... esperimento. Non trovi?”, mormorò facendosi più vicino.
La mente di John fu improvvisamente affollata da mille idee contrastanti. Una voce sopra le altre urlava che andare a letto con Sherlock sarebbe stata un'idea a dir poco pessima, per vari motivi che andavano dal fatto che appena si conoscevano, a quello, assai contraddittorio, che pensava di poter trovare in Sherlock un vero amico. E soprattutto che sarebbe stata la cosa più sbagliata del mondo lasciarsi usare come esperimento. Sentiva che se avesse voluto mantenere un rapporto con lui senza perdere la propria sanità mentale avrebbe dovuto mettere dei paletti a ciò che l'altro poteva fare con lui.
Ma dall'altra parte i mesi e mesi di bisogno e di solitudine auto imposta, di soffocante vuoto esistenziale, sentimentale e fisico, di vita vissuta solo nei ricordi della guerra, urlavano le loro opposte ragioni. Eppure, se fosse stato solo quello, John avrebbe ancora potuto riguadagnare la propria calma, si sarebbe alzato da quel divano e sarebbe uscito. Sapeva, istintivamente, che Sherlock avrebbe rispettato quella decisione, almeno quella, e occasioni simili non si sarebbero ripetute. Fu proprio quell'ultimo pensiero, però, a pesare. Avrebbe dovuto rassicurarlo, e invece lo spaventò. John non si capiva più. Ma non era forse vero che i desideri dei quali non conosciamo l'origine sono quelli che maggiormente fanno presa su di noi?
“E' possibile”, si ritrovò ad ammettere, con la gola completamente secca.
Sherlock lo fissò per un istante come un gattino curioso, con gli occhi spalancati e l'espressione perplessa. Tutto capiva alla perfezione, meno che le persone. “Sei nervoso?”
“Direi di sì!”, sbottò John. Ci mancava solo sentirsi fare il terzo grado.
“Perché? Alcuni esperimenti possono avere conseguenze anche mortali, ma non è questo il caso. Oh! Forse hai paura che io possa trasmetterti qualche malattia? Ti assicuro che sono pulito come un bambino.”
John iniziava seriamente a pentirsi, ma ormai la fuga non era più un'opzione contemplata. “Sherlock. Per favore. Se ci tieni alla tua cavia allora piantala di parlare.”
Il detective sollevò appena un angolo della bocca in una parodia di sorriso che lo faceva sembrare quasi tenero e si spostò in grembo a John. Si chinò su di lui con gli occhi fiduciosamente chiusi; non con la fiducia dell'innamorato, ma di colui che non conosce il rischio.
John invece gli occhi li tenne ben aperti fino all'ultimissimo secondo, fino a quando non furono coperti da un paio di boccoli ribelli dell'altro. Si stupì nel rendersi conto che era incredibilmente diverso dal baciare una donna. Non avrebbe pensato di poter percepire tanta differenza solo nelle sue labbra, o nel modo in cui piegava il capo per spingergli la lingua fin sul palato, nel modo in cui lo mordeva -non mordicchiava- o se lo teneva vicino premendogli una mano sulla nuca. Invece la sentiva eccome, e quel bacio così prettamente maschile, e nello stesso tempo così eccitante evocò in John tutta una serie di domande piuttosto scomode.
“A cosa pensi?”, domandò Sherlock staccandosi improvvisamente. “Oh, scusa”, aggiunse all'espressione sconvolta che ricevette in risposta, e si affrettò a sfilare di dosso a John il maglione per prevenire eventuali proteste. Lo attirò nuovamente a sé facendogli scorrere una mano gelida sul collo e riprese a baciarlo con maggiore calma. John si lasciò andare, permettendo a quel senso di follia di dominarlo sempre più. Circondò con le braccia i fianchi di Sherlock, il quale in risposta si fece ancora più vicino, ed iniziò a muovere provocatoriamente il bacino su di lui. A John mancò letteralmente il fiato. Le sue mani corsero senza consultarsi col cervello a sbottonare la camicia del coinquilino, che fu accartocciata a terra insieme alla giacca pochi attimi dopo, immediatamente seguita dalla maglietta di John.

--continua-->

Re: SHERLOCK (BBC) John/Sherlock, Esperimento

[identity profile] gondolin-maid.livejournal.com 2010-12-20 07:13 pm (UTC)(link)
A quel punto i due si fermarono per un istante, fissandosi come pugili in attesa di sferrare il primo colpo. Stavolta fu il soldato a prendere l'iniziativa, e spinse Sherlock lungo disteso sul divano. Lo spazio era un po' angusto, ma non eccessivamente scomodo.
Con quei riccioli sparsi sull'alta fronte come scuri giacinti, e gli occhi spaventosamente chiari ombreggiati dalla palpebre languidamente abbassate, pareva un essere ultraterreno, pensò John, ormai senza più rendersi conto delle poetiche assurdità che la sua mente gli andava proponendo. Allungò una mano per accarezzargli una guancia senza nemmeno rimproverarsi per l'eccessiva dolcezza di quel gesto, poi discese sul collo e sul petto. Si sdraiò su di lui per sentire con tutto il corpo, pelle contro pelle, o pelle contro freddo marmo, come sembrava.
Fu Sherlock a far scivolare le mani fra loro per combattere contro bottoni e cerniere, e sfilare le due paia di pantaloni, anche se ormai John era ben oltre l'imbarazzo. Era eccitato a livelli imbarazzanti, che furono persino superati quanto poi Sherlock, pur con qualche difficoltà data dallo spazio ristretto, aprì le cosce, avvolgendogli i fianchi con le lunghe gambe, sottili, sì, ma con muscoli dalla presa salda, come ebbe modi di constatare John. Gli sfuggì un mormorio gutturale privo di senso, probabile preludio all'impazzimento definitivo.
Mordendosi il labbro inferiore per non fare lo stesso, Sherlock posò due dita sulla lingua di John, che le leccò in modo inconsapevolmente osceno, poi le portò verso i propri glutei. Prima un dito, poi un secondo, si preparò lentamente, lentissimamente, pareva a John, e con un'arte che faceva dubitare che quello si trattasse del primo esperimento del genere. O forse no. Dopo tutto le conoscenze teoriche del consulting detective spaziavano sempre nei campi più imprevedibili.
Quando ebbe finito il suo respiro era impercettibilmente accelerato, e le sue guance avevano una tonalità quasi da essere umano vivo. “John”, sussurrò con voce apparentemente tranquilla ma così bassa da risultare quasi inaudibile, “ti muovi?”, e doveva certamente esserci una nota di urgenza nel tono con cui pronunciò questa domanda, che mandò completamente, definitivamente in cortocircuito, nell'ordine, il sistema nervoso, il cervello e l'autocontrollo di John. Si mosse, eccome se si mosse, e nessuno dei due poté trattenere un gemito quando si fu spinto completamente dentro Sherlock.
Era così, dunque? Oh, gli avrebbe fatto da cavia mille e mille altre volte ancora, se quella fosse stata la conclusione di ogni esperimento! Affondare in quel canale così assurdamente stretto, tanto da morirci, tanto da rischiare di venire dopo appena un attimo e doversi appigliare a qualsiasi cosa pur di trattenersi, dal ridicolo smile giallo sul muro opposto al conto di quanto tempo era trascorso da quando si era trasferito in quella casa, conto che in ore sembrava assai consistente, ma che tradotto in giorni aveva del ridicolo, e poi il collo di Sherlock, che a morderlo sembrava un'albicocca matura, e no, non doveva pensare a quello, ma sentirselo respirare in un orecchio, e poi le sue mani sulla schiena e sulle cosce che parevano spingerselo ancora più dentro, ancora più veloce, e... dio, gli parve di morire mentre le unghie appena accennate di Sherlock gli si piantavano nei fianchi e lui veniva, senza urlare ma con un volto sconquassato dal piacere che Vermeer e Caravaggio avrebbero dato un braccio per poter ritrarre ma di cui nessuno sarebbe mai riuscito a cogliere l'esatta luce, e gli parve di morire ancora quando smise di aggrapparsi al pensiero per lasciarsi naufragare fra quelle cosce.
Si accasciò addosso a Sherlock. Avrebbe dovuto alzarsi, andare a darsi una lavata, togliersi di lì, in ogni caso. Invece domandò: “Esperimento riuscito?”
“Alla perfezione, mio caro.”


[La frase sui desideri è ispirata ad un discorso presente in Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Ho cercato come una dannata la citazione esatta, ma non la ritrovo più.
E sono LA PRIMAAAA!]

RPF Calcio Luca Antonini/Zlatan Ibrahimovic, "Borriello me l’aveva detto che eri facile, ma non pe

[identity profile] jen-jm.livejournal.com 2010-12-20 08:55 pm (UTC)(link)
Versione integrale qui (ne manca un bel tocco) (http://jen-jm.livejournal.com/134690.html)

~~

[...] Luca sa che muore dalla voglia di dire qualcosa ed è grato che invece tenga la bocca chiusa; non sa bene come, ma è sicuro che Zlatan sia una di quelle persone in grado di rovinare la migliore scopata con la peggiore delle battute da film porno. E se proprio deve vendersi l’ultimo briciolo di dignità per farselo, vuole almeno che non ci sia nulla a rovinare il momento.

Lo prende tra le labbra senza troppe cerimonie e nel momento esatto in cui inizia a muovere la testa, Zlatan porta una mano tra i suoi capelli, cercando di pilotare i suoi movimenti. Luca si rifiuta di lasciarlo fare e gli lancia un’occhiataccia, solo per accorgersi che Zlatan ha la testa abbandonata contro lo schienale e gli occhi semi-chiusi fissi su di lui. Per un attimo sente il bisogno di alzarsi e andarsene, di lasciarlo in quello stato solo per ripicca, ma ci mette poco a cambiare idea, a decidere che, in fondo, avrà altre occasioni per vendicarsi. Occasioni che probabilmente includeranno Marco.

Zlatan resiste meno di quando Luca pensasse e dopo qualche minuto gli afferra una spalla, deciso a fermarlo. “Alzati,” mormora con la voce appena roca e Luca ha improvvisamente voglia di baciarlo, di zittirlo ancora nonostante debba ammettere che quel tono gli manda scariche di brividi lungo la schiena.

Si rialza senza lasciarglielo ripetere due volte e Zlatan fa lo stesso, afferrandogli le anche con le mani. Luca si lascia guidare e si ritrova in ginocchio sul divano, con le mani appoggiate allo schienale e i pantaloni gettati da qualche parte sul pavimento.

“Perché non l’abbiamo mai fatto prima?” mormora Zlatan contro la sua schiena nuda mentre gli toglie la maglietta.

“Perché sei uno stronzo e ti odio, ecco perché,” gli risponde Luca guardandolo da sopra la spalla, ma c’è un piccolo sorriso ad incurvargli le labbra che lo rende poco credibile.

“Tu non sei capace di odiare nessuno,” lo contraddice Zlatan divertito e gli accarezza la nuca con il pollice, appoggiando il palmo sull’incavo della spalla.

“C’è sempre una prima volta,” borbotta solamente Luca, osservandolo con la coda dell’occhio; ha a malapena il tempo di chiedersi da dove spuntino preservativo e lubrificante prima di sentire le dita di Zlatan contro la sua apertura.

Si sforza di rimanere in silenzio mentre lo prepara, deciso a non dargli la soddisfazione di vederlo arrendersi così presto. Stringe le presa sul divano fino ad avere le nocche praticamente bianche, e sembra quasi che Zlatan faccia apposta a prendersi tutto il tempo del mondo. Vorrebbe mandarlo al diavolo o dirgli di sbrigarsi, invece si limita ad abbassare appena il capo e a mordersi le labbra. Non resiste a lungo, ma proprio quando sta per scoppiare e gridargli qualche improperio, Zlatan decide che sì, ne ha avuto abbastanza.

“Muoviti,” gli sfugge dalle labbra ed è a metà strada tra un gemito e una supplica.

Zlatan non si degna nemmeno di rispondere, semplicemente si spinge dentro di lui e si ferma solo per pochi secondi; quando inizia a muoversi e si china per mordergli la spalla con fare possessivo, Luca riesce a sentire il tessuto dei jeans sul retro delle cosce e della maglietta contro la schiena nuda, e il fatto di essere l’unico completamente svestito, per qualche ragione, lo eccita.

“Sei un animale,” mormora quando Zlatan affonda i denti un po’ più forte del necessario, ma le sue parole vengono immediatamente seguite da un gemito poco decoroso, che le discredita senza appello.

“Finora mi sembra ti sia piaciuto,” ribatté lui, portando una mano all’erezione di Luca, accarezzandolo allo stesso ritmo veloce delle sue spinte.

Luca non risponde e si limita a stringere più forte lo schienale, muovendo il bacino il più possibile per seguire i suoi movimenti. E proprio quando pensa di aver trovato il modo per stargli dietro, Zlatan rallenta, angolando le spinte con un preciso scopo. [...]

~~

Finisce qui (altro bel tocchetto) (http://jen-jm.livejournal.com/134690.html)

Grimmjow Jaegerjaquez/Ichigo Kurosaki/Orihime Inoue, "Giù le mani da lei! Subito!"

[identity profile] waferkya.livejournal.com 2010-12-20 10:15 pm (UTC)(link)
(La prima het del p0rn fest è mmmia! \O/) (è una PWP, aka è tutta p0rnazza, ma sono 1800+ parole)

[...] (http://community.livejournal.com/disamistade/62383.html)


Li guardi baciarsi, insomma, e non riesci a convincerti che non ti piaccia, anche se il solo pensiero basta a farti quasi svenire d’imbarazzo. Kurosaki-kun, quando finalmente si separa per riprendere fiato, guarda malissimo Grimmjow-kun – si pulisce la bocca con il dorso di una mano e tu vorresti offrirgli un fazzoletto, ma soprattutto vorresti poterlo baciare; Grimmjow-kun, dal canto suo, sogghigna ancora, poi si volta a guardarti – i suoi occhi sono incredibili e ti senti mancare la terra da sotto i piedi, sul serio, – e t’invita ad avvicinarti. Bastano due passi, Orihime, due passi soltanto, e sei ancora tra le sue braccia – ti bacia, e poi sulla tua schiena ci sono due paia di mani, venti dita curiose che cercano la pelle tra le scapole, dove sei più sensibile.
La bocca di Kurosaki-kun, sul tuo collo, risale piano fino all’orecchio, e lì sospira:
«Fermami,» dice, e tu rabbrividisci e ti chiedi come potresti, anche volendo, chiedergli di smettere. Grimmjow-kun se la ride tranquillo, baciandoti sul collo ma dall’altro lato, e poi strappandoti il fiato quando con due dita segue il profilo della tua gola e poi ti affonda il viso tra i seni, senza fretta, con una gentilezza che, supponi, è in gran parte dovuta alla presenza di Kurosaki-kun, dietro di te.
Ti ritrovi stretta nell’abbraccio soffocante dei loro corpi, e ringrazi tutti i Kami dell’universo perché ti manca il respiro e non riesci a pensare abbastanza da morire di vergogna per quello che stai facendo: hai le gambe strette attorno alla vita di Grimmjow-kun, la sua bocca che si sposta con lentezza esasperante giù lungo il tuo ventre, le sue dita che giocano con la chiusura della gonna, e Kurosaki-kun, alle tue spalle, non la smette più di baciarti, assorto a torturare le tue labbra, a cercare la tua lingua, a renderti completamente incapace anche solo di gemere quando, finalmente, Grimmjow-kun arriva a baciarti l’orlo delle mutandine.
Lasci che prosegua, semplicemente; non ti accorgi dell’occhiata che scocca a Kurosaki-kun, come a chiedergli il permesso, e percepisci a malapena il lieve annuire che riceve come risposta. Lasci che ti schiuda ancora le gambe, che le sollevi, costringendoti completamente tra le braccia di Kurosaki-kun; lasci che si sistemi le tue ginocchia sulle spalle, ma ti rifiuti di guardare perché sai che, Dio, moriresti d’imbarazzo a vedere proprio lì il suo viso – il suo sorriso, i suoi occhi.
Kurosaki-kun ancora ti distrae con un bacio lento, e all’inizio non la senti neppure, la lingua di Grimmjow-kun. Non la senti neppure. E poi – forse perché con un dito ha scostato le tue mutandine, – la senti. Oh, se la senti.
Spalanchi gli occhi, nel bacio con Kurosaki-kun, e lui ti guarda, sereno e quieto e affettuoso come sempre; ti guarda arrossire e inarcarti piano nella sua stretta, mentre il ghigno di Grimmjow-kun ti si seppellisce tra le gambe e brucia in una fiammata di calore bianco tutte le farfalle che ancora avevi nello stomaco. Non riesci neppure a gemere, anche se il piacere è tanto – proprio perché il piacere è tanto, forse, e ancora maggiore è la vergogna. Non riesci neppure a gemere, ma la lingua di Grimmjow-kun, e le sue labbra, e poi addirittura un suo dito continuano ad accarezzarti e viziarti piano, e soprattutto Kurosaki-kun continua a guardarti con quel sorriso tranquillo, come se non stesse dividendo con te e Grimmjow-kun una cosa tanto intima, tanto privata, tanto infinitamente imbarazzante.

[...] (http://community.livejournal.com/disamistade/62383.html)

Inception Arthur/Cobb/Mal, dopo il primo lavoro insieme 1/2

[identity profile] chibi-saru11.livejournal.com 2010-12-21 10:31 am (UTC)(link)
[Storia Completa con 600 parole in più (http://community.livejournal.com/spieluhrs/41185.html#cutid1)]

E poi Mal gli aveva poggiato una mano sulla guancia, dolcemente, accarezzandogli la pelle con riverenza e Arthur si era voltato verso di lei, un po’ confuso e un po’ spaventato, perché Arthur sapeva cosa voleva dire questo tocco, sapeva a cosa avrebbe portato.
E non era forte abbastanza per rifiutare. Non lo era mai stato e probabilmente non lo sarebbe stato mai.
Quando le labbra di lei si posarono sulle sue, dunque, Arthur portò una mano tra i suoi capelli, corti e soffici sotto le sue dita, ma non la spinse. Non la respinse nemmeno, lasciò che fu lei a condurre il bacio ovunque volesse, la sua mente ovunque desiderasse.
Mal gli si sedette in braccio, passandogli le braccia dietro al collo e Arthur la lasciò fare, mentre sentiva lo sguardo di Dom puntato diritto sulla sua schiena.
Era sempre così, Dom non si muoveva mai, all’inizio, si limitava a guardarli, in silenzio, ma Arthur poteva sentire la sua presenza esattamente come quella del corpo caldo di Mal stretto al suo.
Mal che si muoveva, lentamente, e che gli stava togliendo la maglietta, ridendo sul suo collo – ridendo come una bambina che aveva appena scartato un regalo e Arthur chiuse gli occhi, perdendosi in quel suono – e che lo stava spingendo a toglierle anche la sua camicetta, lentamente.
Indossava un reggiseno nero di pizzo, e Arthur decise di lasciarsi andare, che erano andati abbastanza avanti e che non si sarebbero fermati nemmeno quella volta.
Le slacciò il reggiseno lentamente, mordendole il labbro inferiore lentamente e nel momento stesso in cui l’indumento venne via, Arthur sentì delle mani afferrargli i fianchi.
Mal rise, allungando le mani a sfiorare il viso di Cobb e la sua barba incolta e Arthur si sporse in avanti, prendendo uno dei capezzoli di lei in bocca e mordendolo leggermente.
Mal ansimò, sotto il suo tocco, ma Arthur non riusciva a concentrarsi su altro che non fosse la lingua di Dom che scendeva lenta lungo la sua spina dorsale, fermandosi poco prima dell’orlo dei suoi pantaloni.
La lingua di Dom era fredda, ma bollente allo stesso tempo, e mandava brividi lungo tutto il suo corpo. E la pelle di Mal era profumata e liscia, sotto le sue mani, sotto la sua bocca.
Era come trovarsi in una prigione, intrappolato tra muri di piacere a cui era impossibile sfuggire.
«Devi alzarti, Arthur,» bisbigliò Dom sulla sua pelle, scandendo ogni parola con un piccolo morso e Arthur si inarcò sotto il suo tocco «dobbiamo almeno arrivare al divano.»
Mal gli cinse la vita con le gambe, evidentemente decisa a farsi trasportare in quella stessa posizione e Dom si rimise perfettamente in piedi, avvicinando i loro corpi e appoggiando il bacino alla schiena di Arthur per sporgersi e baciare Mal, avvicinandosela il più possibile.
Arthur non sapeva come aveva fatto a muoversi, ma improvvisamente era in piedi, l’erezione di Dom pressata contro il suo sedere e Mal che si sfregava contro la sua di erezione con insistenza. Stava per uscire fuori di testa, se lo sentiva.
Mal si lasciò cadere sul divano, arcuandosi e togliendosi i pantaloni velocemente, mentre Dom, pressato contro Arthur, cominciò a baciargli il collo, infilandogli la mano dentro i pantaloni e i boxer, raggiungendo facilmente la sua erezione pulsante.
Arthur gettò il bacino in avanti, spingendosi più forte contro la mano dell’altro. Mal, nel frattempo, completamente nuda ormai, si era messa in ginocchio e gli aveva tolto pantaloni e boxer, prima di mettersi in piedi e baciarlo.
«Sei solo tu vestito, Dom,» bisbigliò, allontanandosi dalla bocca di Arthur e guardando il suo fidanzato con un sorriso malizioso sul viso.
E Arthur si era perso in quel sorriso tante di quelle volte, in così tante occasioni, che a volte si illudeva di averci fatto l’abitudine, di esserne immune, ma non era così, non era mai così, perché Mal era una droga. Una droga che ti faceva sentire elettrizzato e felice e pieno di vita.
La voce di Dom era rauca ed evidentemente eccitata quando parlò, senza lasciare andare l’erezione di Arthur «Allora forse dovremmo rimediare,» disse, ma Arthur non poteva muoversi e fu Mal, ridendo, a risolvere la situazione, trascinando Arthur con lei sul divano.

Re: Inception Arthur/Cobb/Mal, dopo il primo lavoro insieme 2/2

[identity profile] chibi-saru11.livejournal.com 2010-12-21 10:32 am (UTC)(link)
«E se invece ci pensi tu e noi nel frattempo ci divertiamo un po’? » chiese, baciando Arthur senza aspettare alcuna risposta e avvicinando il suo sesso alla sua erezione e Dio, fu come ricevere una scarica elettrica di mille volt e Arthur si spinse in avanti, schiacciandosi Mal addosso e godendosi la pressione del suo seno.
La spostò sotto di se, cominciando a stimolarle un capezzolo con le dita, mentre Dom si metteva dietro di loro e gli alzava il sedere, leggermente, aprendogli le natiche ed avvicinando la lingua alla sua apertura.
Arthur gemette, mentre Mal si schiacciava ancora di più contro il suo corpo e Arthur sapeva che non sarebbe riuscito a resistere ancora a lungo.
«Dov-» mormorò, mentre la lingua dell’altro entrava dentro di lui «i preservativi e…» provò, perché toccava a lui ricordare queste cose, rimanere con i piedi per terra, anche in situazioni del genere. Mal rise, girandosi come un gatto ed allungandosi per prendere i preservativi, lasciati dentro un cesto vicino al divano.
Arthur pensò che non era sicuro, che magari un giorno avrebbero avuto dei bambini e non potevano mica lasciarli in giro. Poi si rese conto che probabilmente avevano pianificato tutto, che avevano già deciso come si sarebbe svolto quella serata e che sapevano che Arthur li avrebbe seguiti senza dire nulla, senza opporsi in alcun modo. Arthur un po’ li odiava, a volte.
Ma ora Mal gli stava mettendo il preservativo e Cobb ne aveva preso uno per sé e Arthur non aveva spazio per odio o qualsiasi pensiero che non riguardasse quello che sarebbe accaduto da lì a tre secondi ed andava bene, andava benissimo.
Perché poco dopo stava spingendo dentro Mal, all’inizio prendendosi il suo tempo, facendo abituare l’altra e poi più forte, seguendo i suoi gemiti. Perché dopo Cobb era entrato dentro di lui, adeguandosi ai suoi ritmi e seguendolo religiosamente, colpendo la sua prostata ad ogni spinta, voltandogli la testa e baciandolo – per la prima volta da quando tutto quello era iniziato. Perché il suo cervello non riusciva a pensare a niente che non fosse Mal, sotto di lui, le guance rosse di piacere e l’ombra di un sorriso a colorarle gli occhi o a Dom, dietro di lui, che spingeva con tutta la forza che Arthur gli ammirava tanto.
Il divano non era grande abbastanza per tutti e tre, ma c’entravano in qualche modo, un po’ stretti, e ad ogni spinta la testa di Mal cadeva fuori dal bracciolo e rischiava di andare a sbattere contro il mobile che c’era oltre.
Era stretto e non era romantico. Non voleva dire nulla, ma Arthur non avrebbe scambiato quei secondi – in cui erano perfettamente in sincronia, in cui era come se fossero un unico essere fuso in tre corpi differenti – per nient’altro al mondo.
Poi Dom veniva, aggrappandosi alla sua schiena e mordendolo leggermente – Arthur non sapeva se per silenziare l’urlo o per lasciare un segno sulla sua pelle – e poi toccava a Mal, che si arcuava sotto di lui e lo stringeva deliziosamente, facendogli perdere persino l’ultimo barlume di razionalità.
Arthur cercava di venire sempre per ultimo, per trattenere quel momento il più a lungo possibile, allungandolo fino all’ultimo possibile secondo.
Quando finivano Mal gli dava sempre un bacio sulle labbra, leggero, e Dom gli posava invece un bacio sul collo e Arthur odiava quei due baci più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Edited 2010-12-21 11:08 (UTC)

The Vampire Diaries RPF, Ian Somerhalder/Nina Dobrev, Katherine ed Elena

[identity profile] nemofrommars.livejournal.com 2010-12-21 11:16 am (UTC)(link)
Pwp scarsissima; una specie versione “seria” dell'ultima Ian/Nina che ho scritto *le tirano i pomodori*
Dedicata a LadyAika, perchè sì u_u

Doppio ruolo da interpretare, doppia fatica nel nascondere i segreti, doppi i lati di sé che Nina deve gestire ogni giorno, quando è con Ian.
Gli chiede abbracci rassicuranti in silenzio, scambia sorrisi dolci e sguardi di intesa, battute e tweet divertenti, e cerca di non rabbrividire quando le mani di lui cercano le sue negli abbracci di gruppo nelle foto con il cast. Ma non le piace troppo quella parte del gioco, sentirsi come Elena anche fuori dal set.
La verità è che non attende altro che l'attimo in cui può buttarne i panni e diventare Katherine, lontano dall'obiettivo di una telecamera e da occhi indiscreti, quando Ian le si preme contro e le sussurra nell'incavo della spalla il suo stesso desiderio.
In quei momenti, Nina si trasforma: abbandona il carattere timido e mansueto, e non prova vergogna nel farsi sollevare la gonna o abbassare i jeans lo stretto necessario per una sveltina ovunque si trovino. Si perde nella fantasia sporca che qualcuno li scopra – che la sentano urlare - , e allo stesso tempo si fa violenza per sopprimere i gemiti contro i capelli di Ian, contro la sua bocca, cercare di ricacciarli in gola mordendosi a sangue le labbra.
Sempre di fretta, sempre forzandosi al silenzio anche quando possono concedersi un letto e qualcosa di più comodo e migliore di un camerino o un bagno pubblico, a Nina rimane la sensualità violenta di Katherine in ogni gesto.
Non c'è alcuna dolcezza nei movimenti in cui guida le mani di Ian sotto i vestiti, nel piacere un po' sadico con cui si china tra le sue gambe e lo tormenta fino a quando lui non la implora di continuare, nel gemito roco e indecente con cui gli ordina di prenderla con la forza, nelle unghie premute sui suoi fianchi così tanto da lasciare dei segni mentre lui le si spinge dentro.
Solo dopo, quando Ian la bacia teneramente tra i capelli ed entrambi prendono respiro, stanchi e appagati, a Nina sembra di tornare se stessa.
Cerca gli occhi azzurri di lui quasi con timore, come se si aspettasse di vederlo deluso o spaventato da come diventa quando fanno l'amore, ma Ian tira fuori quel suo sorriso che riserva solo a lei – anni luce lontano da quello sarcastico e suadente di Damon - e ogni paranoia stupida si spegne nello spazio circoscritto dei loro corpi abbracciati.
Stanno in silenzio quasi per ore, senza fare nulla di particolare se non sfiorarsi con baci timidi, e Nina, senza mai dirlo a voce alta, pensa a quanto ogni volta sembri sempre più difficile della precedente riacquistare compostezza, prepararsi all'idea di dover uscire fuori da quelle quattro mura e fingere che tra loro non ci sia niente, che Ian non sia nient'altro che un buon amico.
Perchè avere sia Elena che Katherine in sé ormai lo ha accettato, ma dover nascondere quel che di più vero e importante possieda – i sentimenti per Ian - , è una cosa a cui non si abituerà mai.

Re: The Vampire Diaries RPF, Ian Somerhalder/Nina Dobrev, Katherine ed Elena

[identity profile] chibi-saru11.livejournal.com 2010-12-21 12:09 pm (UTC)(link)
AWWWWWWWW ;A; *si coccola Nina*
Questa cosa, sebbene sia piccolina, è veramente carina ecco T^T E questi due sono seriamente troppo BONI per non p0rnegiare assieme. Sì, li shippo a morte perchè sono tutti e due di una beltà assurda e ritengo che una cosa simile non possa andare sprecata *boh, sta blaterando*
Mi piace ecco *__*//PFFFFF W IL PORN FEST.

RPF Calcio, Andrij Shevchenko/Ricardo Kakà, "Non sei cambiato affatto"

[identity profile] waferkya.livejournal.com 2010-12-21 11:37 am (UTC)(link)
[storia completa \o/ (http://community.livejournal.com/disamistade/62588.html)]

«Mi dispiace di averti costretto a dubitarne,» dice, l’italiano che gli fa sembrare ogni sillaba più lunga e dolorosa e, allo stesso tempo, più giusta di quanto sarebbe mai stata in ucraino, in spagnolo, in qualsiasi altra lingua del mondo. Ricardo trattiene ancora il fiato, sorpreso, e ad Andrij sfugge un sorriso triste e perso; stanco, stanchissimo, si lascia cadere all’indietro sul materasso, e con gli occhi fissi al soffitto lo solletica il pensiero che questo letto, Ricardo non l’ha mai neppure visto.
Vorrebbe mostrarglielo, allora. Con lo stomaco contratto in un nodo tremendo, Andrij pensa che vorrebbe poter avere Ricardo tra le mani, ora, tra le gambe; vorrebbe poter avere quei suoi occhi immensi su di sé, il suo sorriso lieve e imbarazzato. Vorrebbe baciarlo, fino a togliergli il respiro, fino a fargli dimenticare qualsiasi esitazione e qualsiasi parvenza di controllo: vorrebbe baciarlo e vederlo rilassarsi lentamente nel piacere di una sensazione troppo calda per non essere anche perfettamente giusta.
Vorrebbe stringergli le dita sui fianchi, sfilargli la maglietta e vederlo rabbrividire per il freddo sottile di Kiev, che è come una valanga di spilli che neppure il riscaldamento e i doppi vetri riescono a sciogliere: vorrebbe baciargli il collo e scendere piano, assaggiare ancora i suoi muscoli dorati e sentirli tendersi sotto di lui. Vorrebbe potersi ubriacare ancora della sensazione di Ricardo, caldo ed eccitato sotto le sue mani, che s’inarca contro di lui mordendo un gemito tra le labbra, ripetendo il suo nome, senza fiato, implorandolo con gli occhi di prendersi tutto, tutto, tutto, tutto di lui.
Vorrebbe spogliarlo ancora, premersi contro il suo corpo nudo e sentire le sue gambe fargli subito spazio, schiudersi con tutta l’innocenza del mondo ed invitarlo timidamente in avanti. Vorrebbe poterlo baciare, di nuovo, per sempre, mentre si lascia accogliere dal suo calore intossicante – mentre si spinge dentro di lui con gentilezza e invadenza, bevendo i suoi gemiti imbarazzati e i suoi brividi e, di lui, ogni cosa.
Vorrebbe, soprattutto, abbracciarlo, dopo l’amore, e chiedergli un perdono che sa di avere già, incondizionatamente, eppure ha bisogno, di nuovo, di domandarlo, ha bisogno di sapere di averlo meritato. Vorrebbe sentire il sorriso indulgente di Ricardo contro una tempia, di vedere la sua espressione imbarazzata ogni volta che Andrij lo guarda con la stessa devozione che lui riserva al suo Dio.
Andrij riapre gli occhi che non s’era neppure reso conto di aver chiuso, per seguire meglio l’immagine di Ricardo bello e suo sotto di lui, e, ascoltando il respiro appena affannato del Ricardo vero, a infiniti chilometri di distanza da lì e terribilmente vicino al suo orecchio, sa che la stessa idea, la stessa voglia ha abbracciato e tiene stretto anche lui. Si tira su a sedere, riesce quasi a sorridere.
«Mi manchi,» dice, quando avrebbe voluto dire tutt’altro, parole più dolci, magari, e altrettanto vere, sicuramente, ma gli pare che questa sia la sola cosa che importi. «Certe volte... certe volte neppure ce la faccio, Ricky.»
«Non sei cambiato affatto,» osserva Ricardo, con una punta di soddisfazione, e poi, più gentilmente: «Chiamami,» bisbiglia, tanto piano che Andrij pensa non voglia farsi sentire da nessuno che non sia lui, neppure da se stesso. «Puoi chiamarmi, quando succede così, io... anche tu mi manchi, Andrij. Sempre, troppo.»
«Chiamami, allora,» gli dice Andrij, con un filo di voce, quasi implorando, e sente il cuore improvvisamente leggero quando Ricardo ride.
«Va bene,» dice. «Lo prometto. Buon Natale, Andrij.»
«Buon Natale, Ricky.»

SHERLOCK (BBC) John/Sherlock, Da Angelo - "Se volete potete usare il retro."

[identity profile] mikamikarin.livejournal.com 2010-12-21 01:58 pm (UTC)(link)
Le labbra del suo uomo sul collo, inaspettate, sono gelate – non se n’è accorto a pieno quando l’ha baciato prima –, lo sono anche le sue dita tra le cosce, sente il freddo infiltrarsi nelle fibre di cotone dei pantaloni.
“Cosa diavolo stai facendo?”
“Mh, niente… mi riprendo la mia posizione di uomo.”
“Lo sai che stava scherzando? Sai che non c’è bisogno di prendere tutto sul serio?”
Non gli risponde. Forse è sordo alle sue domande o è semplicemente maleducato.
Solitamente è entrambe le cose.
Le sue dita lunghissime prendono il bottone dei pantaloni tra loro e ci giocano, lo fanno suonare piano contro il metallo del tavolo, come se fosse un campanello per attirare l’attenzione. Lo tolgono dall’asola, abbassano la zip e John deglutisce, sospirando. Sherlock lo zittisce – non lo bacia, gli prende le labbra tra le dita e le stringe una con l’altra, come con i bambini troppo rumorosi.
“Ssh, zitto, eh? Non vorrai che ci scoprano.”
Quando si infilano dentro le mutande John si tappa la bocca con la mano: le sente stringersi attorno al suo membro – lo fanno appena, gli danno appena un assaggio, si fanno desiderare. Sherlock ama farsi implorare, essere drammatico e teatrale in ogni cosa che fa, vuole essere supplicato e pregato altrimenti il suo ego non sarebbe sufficientemente nutrito. Dalla base si muovono fino alla punta, a piccoli passi lenti su tutta la lunghezza, vi danzano sopra per prenderlo per il culo; lì il pugno si stringe, la punta delle dita ad accarezzare lenta. Nonostante gli abbia imposto il silenzio, vuole sentire John chiamarlo, chiedere pietà e soddisfazione. Anche se fosse solo un bisbiglio, un sussurro appena accennato, vuole che il suo nome venga accarezzato dalle sue labbra.
“Sherlock—” pronuncia in un gemito soffocato e strozzato, l’imbarazzo del luogo pubblico che gli impedisce di prenderlo sotto di sé e obbligarlo a muoversi – o sopra, o di lato, o semplicemente prenderlo per il bavero della giacca ed ordinarglielo – sì, a pensarci è solo il delirio dell’eccitazione, quando mai si è visto Sherlock Holmes ubbidire. Se fossero da soli, semplicemente lo supplicherebbe più forte, e lui lo accontenterebbe prima. Quando il suo uomo dà il primo colpo secco, stringe il tavolo con entrambe le mani con talmente forza che ha paura, per un attimo, di aver inciso il legno con le unghie. Si piega sulla tovaglia, tiene gli occhi chiusi e li strizza talmente forte da vedere lampi davanti a sé. Sherlock non si muove e lui vorrebbe ucciderlo.
“Chi è l’uomo, stasera?”
“T-te la sei presa per—”
“Sì.”
“Oddio Sherlock— tu, tu, okay? Sei tu, ma ora muoviti!”
Lo dice a volume appena troppo alto, perché più di una persona si gira verso di lui; John sorride, mostra la sua più grande faccia di bronzo che abbia mai posseduto, facendo intendere col suo scintillante sorriso che non è successo niente.
“Sherlock”, ripete a voce più bassa, “o la smetti o ti muovi.”
Uno, due, tre colpi secchi, forti, appena smette di parlare; le vene di John si ingrossano, pulsano, si morde le labbra e ha paura di romperle. Sherlock continua a muovere la mano senza toccare nient’altro del suo corpo. La candela gli colora d’arancione il solito sorriso sghembo e ghignante.
Quando Angelo arriva con la pasta fumante, quello ha ancora la mano nei pantaloni del dottore. John si costringe a sorridere di nuovo. “Sembra squisito.”
Angelo non parla, si limita a scrutargli la faccia: prima la sua, poi quella di Sherlock.
“Se volete potete usare il retro. Non c’è problema. Vi tengo in caldo la cena per dopo.”
Sorride ancora quando vede John sorridere a sua volta, di una luce quasi maligna, mentre obbliga Sherlock ad alzarsi ed uscire dal ristorante.
“Sempre detto che bisogna portare un po’ di sana cultura italiana in questa fredda e grigia Inghilterra.”, afferma convinto ad uno dei suoi camerieri che lo guarda stranito, mettendo da parte la cena dei signori.

(il resto qui! (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=621401))

Re: SHERLOCK (BBC) John/Sherlock, Da Angelo - "Se volete potete usare il retro."

[identity profile] shushu-yaoi.livejournal.com 2010-12-21 03:20 pm (UTC)(link)
XD fantasticaaaaa!

Katekyo Hitman Reborn, Gokudera Hayato/Yamamoto Takeshi, Doccia

[identity profile] ladycroix.livejournal.com 2010-12-21 02:07 pm (UTC)(link)
Era una mattina estremamente fredda di metà dicembre il giorno in cui Hayato Gokudera mandò letteralmente a fanculo l'amore non corrisposto che l'aveva reso schiavo. Affianco a lui, avvolto nelle candide coperte rosse che odoravano di lavanda, dormiva il più grande idiota che il Giappone ospitasse, Takeshi Yamamoto. Non gli sembrava semplicemente vero. Come era arrivato a tutto quello? Cosa nella sua mente era andato storto per portarlo a una scelta simile? Perché tra tutti, proprio lui? Non aveva mai provato molto interesse per quel ragazzo, gli era sempre stato orridamente antipatico, eppure la sera prima aveva preso una decisione tanto avventata e ci era finito a letto? Perché? Non faceva che domandarselo. Sul comodino c'era un pacchetto di sigarette per metà vuoto di Aroma Rich, una marca russa di tabacco aromatizzato con rum e ciliegia. Amava tetramente il loro odore e il loro sapore: dolce e aspro allo stesso tempo, un po' come lui, no? No. Non c'era aggettivo più alieno a lui che dolce. Forse, quella marca di sigarette era più adatta al concetto di lui e Yamamoto come coppia? Portò l'asticella di tabacco alle labbra e l'accese. Proprio così: Yamamoto era oscenamente dolce, mentre lui era acido e indisponente come il peggiore degli antipatici. Cosa ci trovava di tanto particolare l'altro in lui?

[...] (http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=621136&i=1)
(deleted comment)
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Le Cronache di Narnia Caspian/Peter Pevensie, Re

[identity profile] chibi-saru11.livejournal.com 2010-12-21 04:47 pm (UTC)(link)
[Dedicata alla [livejournal.com profile] flannery_flame perchè sì :*]

Stanno per andarsene, lo sa, lo vede nei suoi occhi e nei suoi movimenti, nel modo in cui lo preme più forte contro il trono ad ogni spinta, mentre affonda dentro di lui con possesso e autorità.
Caspian non ci ha creduto immediatamente in Peter, in colui che si proclamava Peter il Magnifico ma comandava come un ragazzino troppo pieno di sé. Poi qualcosa era cambiata in Peter ed era diventato il Re che Caspian ha sempre desiderato essere. E l’uomo che Caspian desidera avere.
Peter con i suoi capelli biondi e i suoi occhi sicuri come le mura della vecchia Cair Paravel, che ora geme spingendo in lui e mordendogli il collo con trasporto.
Caspian si lascia andare, stringendo più forte le gambe intorno ai fianchi dell’altro e cercando di farlo entrare ancora più dentro di sé, fino quasi a farlo sciogliere per tenerlo imbrigliato a quel mondo, a lui.
Peter lo bacia violentemente, come se stesse cercando di lasciare tante impronte del suo passaggio sulla sua pelle e sul suo trono.
Quando l’aveva spinto si di esso, prima, quando erano ancora entrambi vestiti – anche se non per molto, almeno Caspian sperava – Caspian si era sentito fuori posto come ogni altra volta. Perché davanti a lui c’era il vero Re, quello aveva il diritto di sedersi lì, al contrario di lui.
Poi non c’era più stato spazio nella sua mente per altro che non fossero le spinte di Peter e il suo affannare sulla sua pelle e il suo mormorio, basso e rauco «Questo trono ci appartiene, noi siamo i veri Re,» che mandava mille e più scosse alla sua spina dorsale.
E quando Peter venne, dentro di lui, Caspian lo strinse ancora più forte al trono, a lui, sapendo già che presto avrebbe dovuto lasciarlo andare.

Re: Le Cronache di Narnia Caspian/Peter Pevensie, Re

[identity profile] sacchan90.livejournal.com 2010-12-21 05:14 pm (UTC)(link)
T___T com'è bella. *non ha altro da dire*

(e come starebbe bene come finale p0rn per la fic non p0rn scritta su peter e caspian dopo il secondo film *nodda* vedi? siamo gemelle è palese.)
(deleted comment)
(deleted comment)

(no subject)

[identity profile] diana9241.livejournal.com - 2012-06-22 12:38 (UTC) - Expand

Crackòvia, Guti/Sergio Ramos, Gli svariati aspetti del "pim-pam".

[identity profile] perlinha.livejournal.com 2010-12-21 07:43 pm (UTC)(link)
vi prego di non giudicarmi per questo. /o\\\\\\

[versione completa qui] (http://perlinha.livejournal.com/12485.html#cutid1)

Ma giungo al punto: dopo le prime gag classiche sui risultati delle ultime partite, ecco che nello spogliatoio del Real, direttamente dalla Guticueva, risuona il mitico WEAH! e io assaporo già il momento in cui soffocherò dalle risate. Entra Sergio e con Guti scambia pacche sulle spalle e battute allucinanti, ma ecco che improvvisamente l'atmosfera cambia e finalmente (sì, mi aspettavo che sarebbe successo prima o poi) si baciano. Fin qui niente di nuovo, ormai i personaggi si shippano ogni tre per due. Solo che a un certo punto di questo lungo bacio, la telecamera zoomma e si vede che è uno vero, non di quelli soliti a stampo. Comincio a preoccuparmi per i poveri attori (ma magari si piacciono, chissà) quando questi pazzi iniziano a spogliarsi e in men che non si dica si trasformano praticamente in attori porno e iniziano seriamente a palparsi ovunque, mentre fanno a gara a raccontarsi l'orario più assurdo in cui sono tornati a casa nel passato weekend di baldorie, senza risparmiarsi battute sull'incidente di Guti contro l'autobus. Vorrei quasi tapparmi gli occhi ma lo spettacolo è troppo imperdibile, e poi li ho talmente spalancati che mi servirebbero mani più grandi per coprirli.
Quando vola la prima sculacciata ho un sobbalzo. Al primo gemito mi guardo intorno come se ci fosse qualcuno nella stanza con me. Alla prima spinta mi copro la bocca spalancata perché, davvero, devo avere le allucinazioni. Stanno trombando sul serio. La parola mi rimbomba nella testa e scoppio a ridere. Mentre quei due sullo schermo ci danno dentro come professionisti dell'hard io rido, rido di gusto rischiando di svegliare il palazzo perché è la cosa più assurda che mi sia mai capitato di vedere. Mentre, chini sulla finta panca da spogliatoio della scenografia di quello che una volta era un programma comico, i due si avvicinano rumorosamente a un orgasmo in streaming, mi domando come faranno a limitare l'accesso alla puntata digitale nella pagina Vídeo. Quelle domande stupide che uno si fa quando non si rende conto di cosa gli sta accadendo davanti agli occhi.
Quando vengono con gusto mi accorgo che sto trattenendo il fiato da non so quanti secondi. Lo butto fuori tutto insieme nella risata più maldestra della storia, e l'atteso soffocamento arriva quando, guardando dritto in camera, Guti esclama: “Pim pam, pim pam, polvos vienen, polvos van!”

Quando mi sveglio e mi accorgo che era tutto un sogno, mi rendo conto che non guarderò mai più Crackòvia con gli stessi occhi.

SHERLOCK (BBC) John/Sherlock, Osare

[identity profile] mikamikarin.livejournal.com 2010-12-21 09:54 pm (UTC)(link)
I can’t.

Osa pensare che Sherlock lo stia guardando con preciso desiderio. Osa credere che si stia avvicinando per toccarlo, come desidera da tempo immemore.
Immagina che se Sherlock lo toccasse, sarebbe irruente e crudele. Non avrebbe nessuna gentilezza, prenderebbe il suo corpo e con poca grazia lo possiederebbe – non ci sarebbe cattiveria in lui, se non la sua solita mancanza di qualsiasi qualità lo possa rendere adatto alla vita sociale.
Lo vede avvicinarsi a sé davvero, sente la schiena improvvisamente calamitata al muro. Vorrebbe osare allungare una mano verso di lui, prenderlo per il colletto della camicia, obbligarlo ad aprire la bocca e assaggiarlo – vorrebbe renderlo liquore e berlo a sorsi minuscoli. Di sicuro Sherlock sarebbe uno di quei vini, uno di quegli alcolici che rimangono sulla lingua per giorni, uno di quelli di cui si ubriacherebbe sempre, uno di quelli che potrebbe provocare i più grandi mal di testa della storia ma comunque talmente buoni da non poterne mai fare a meno. Sherlock ha chiuso il loro legame, ha stretto un nodo al loro filo nel primo istante in cui ha posato i suoi occhi gelidi su di lui.
Sherlock lo fissa davvero, e a John la casa non è mai sembrata così grande e immensa: osa pensare ai baci che vorrebbe, alle dita che lo sfiorerebbero inesperte ma curiose, non c’è particella dell’essere di Holmes che non desidera imparare il più possibile. Osa immaginare con quale irruenza gli abbasserebbe i pantaloni e gli toglierebbe il maglione per poterlo guardare – non ammirare, Sherlock Holmes non ammira nessuno se non se stesso, lo guarderebbe e chissà come sarebbero bollenti le sue labbra sul suo petto, sul collo. Entrerebbe dentro di lui senza prepararlo, o forse lo preparerebbe ma male, perché non ha esperienza e i bambini senza esperienza fanno solo guai irreparabili. Lo scoperebbe contro il muro in silenzio, non chiamerebbe mai il suo nome; lo piegherebbe per entrargli dentro meglio, lo scoperebbe con tutti i vestiti addosso, lui che ha sempre fretta di fare qualsiasi cosa non si curerebbe mai dell’aspetto estetico del fare l’amore, semplicemente porterebbe pantaloni e mutande a livello delle caviglie, sia le sue che le proprie, lo bacerebbe solo per farlo star zitto e non lamentarsi.
O forse sarebbe più cauto, lo farebbe appoggiare al divano e lo bacerebbe a lungo, profondamente, lo farebbe eccitare in modo sottile e maturo, lo prenderebbe solo nel momento in cui sarebbe stato sicuro che fosse stato pronto. Forse avrebbe spinto dentro di lui lentamente, in modo che si abituasse, forse avrebbe cominciato a masturbarlo perché godesse appieno, perché il piacere non fosse solo suo.
Arriva ad immaginare il suo orgasmo: immagina che Sherlock tenga gli occhi chiusi e che venga come quando aveva un’intuizione, spalancando gli occhi e buttando fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni.
Osa immaginare a quanto sarebbe bello dormire accanto a lui, dopo il sesso, dormire beatamente e aspirare il suo profumo – il suo odore maschile di cui avrebbe voluto ubriacarsi –, riposarsi sul suo petto e baciarlo il mattino dopo, sorridere del suo perenne broncio dicendogli all’orecchio il suo nome tirato a lucido dalla profondità del suo affetto, come se non ci fosse altra prova più bella.
Osa immaginare un sacco di cose che nella sua testa adesso si mescolano con un chiasso assurdo ma, quando Sherlock è di fronte a lui, quando lo guarda come se riuscisse a vedere ogni sua più piccola luce e ombra – come se davanti a lui vestirsi non servisse ed è una questione generale, non solo del corpo, si sente solo una fiammella di anima davanti a lui –, ha una paura terribile di tutto quello che potrebbe accadere. Non osa dire nulla, non vuole affrontare niente. Sherlock appoggia il braccio sopra la sua testa, gli torreggia sopra, si abbassa su di lui e tenta di baciarlo, ma John lo respinge.
“No.”
Non riesce.

Re: SHERLOCK (BBC) John/Sherlock, Osare

[identity profile] ishirane.livejournal.com 2010-12-21 11:28 pm (UTC)(link)
Il porn con l'angst ;_;

Mi mancava ;_; Però sei brava, mi piace ;_; Però... John, perché? ;____;

SHERLOCK (BBC) John/Sherlock, "Io... non ce la faccio più"

[identity profile] ex-naripolp.livejournal.com 2010-12-21 10:00 pm (UTC)(link)
[La trovate completa QUI (http://community.livejournal.com/milk_bubble/6481.html)]

“Ti prego, John.”
Non parlò più. C’era qualcosa di elettrizzante nell’aria, qualcosa di rimasto in sospeso per troppo tempo. Permise a Sherlock di esplorare ancora la sua bocca, sentendo i brividi scorrergli lungo la schiena ogni volta che gli accarezzava il palato, o che le sue mani toccavano le spalle da sopra il maglione. Non aveva più voglia di pensare, né di discutere – non sarebbe servito a nulla, e al momento non c’era davvero bisogno di dire niente. C’era solo bisogno di sentire che Sherlock lo voleva lì, non importava poi tanto quale fosse il motivo.
Lo lasciò libero di muoversi come meglio desiderava. Non avrebbe protestato, non avrebbe detto nulla – glielo doveva. Per quella stupida dichiarazione che forse avrebbe fatto solo sotto tortura, per averlo baciato. Ed era matematicamente certo che lo avesse fatto semplicemente perché già sapeva che le sue labbra lo attiravano costantemente, come i suoi occhi, il suo collo, le sue mani, il resto del corpo. Poteva fare quello che voleva, al resto avrebbero pensato poi, insieme.
Ricambiò il bacio, invitato dai movimenti di Sherlock. Sentiva le sue mani scorrergli lungo il petto, scivolare giù fino al maglione, le dita che stringevano l’orlo morbido per sollevarlo e sfilarlo via. Si chiese per un attimo dove sarebbero arrivati – se lui volesse arrivarci, se volesse fermarlo. Aveva sempre visto Sherlock come qualcuno incapace di avere un qualsiasi tipo di relazione, figuriamoci… questo.
“Ti terrò qui, con me. A qualunque costo.” Disse mordendogli il labbro.
Gli bastò.
Si lasciò sfilare il resto vestiti, li sfilò a lui, lasciandoli accantonati affianco alla poltrona, un mucchio di stoffa a prendere polvere. Sherlock non lo fece mai alzare, ma si premurò di spogliarlo con dedizione, baciando ogni tratto di pelle che scopriva, mordendolo appena per sentire il sapore della sua carne. Quando si ritrovarono nudi, uno di fronte all’altro, John si sentì per l’ennesima volta piccolo e insignificante, con lui vicino, e al contempo così dannatamente lontano.
Sherlock gli si chinò addosso, le labbra che mordevano, più che baciare. John si chiese se fosse la sua prima volta, ma non se la sentì di chiederglielo – sarebbe stato così fuori luogo, così… scontato, stupido, noioso. Così poco da Sherlock, così troppo da John.
Quando si fletté su di lui le loro erezioni sfregarono, e John non riuscì a trattenere sospiri profondi, l’astinenza prolungata che si scioglieva sullo stomaco e scivolava verso il basso. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato così – Sherlock era a tratti rude, a tratti persino gentile, quando le mani scorrevano sulle cicatrici e le guardava come se fossero il risultato di un esperimento andato male.
Era così tanta, la confusione di toccate e fiati che si scontravano a mezz’aria, che John non si rese conto di quello che stava succedendo, delle sue gambe che si sollevavano da terra per cercare appiglio nei fianchi del coinquilino, il respiro contro mentre l’altro affondava dentro di lui senza nemmeno prepararlo, gemiti gutturali che scappavano dalla gola e si infrangevano nelle loro orecchie.
Sherlock non si aspettava di sprofondare in lui con tanta facilità, ma poi gli venne in mente che in fondo ogni luogo comune aveva un fondo di verità, e John era stato un soldato, e sicuramente molto attraente, quando era più giovane. La cosa non parve comunque importargli, il passato per lui aveva peso soltanto applicato ai misteri e ai morti di morte violenta. Cominciò a spingere con forza, le mani strette contro i braccioli mentre guardava John scomposto sulla poltrona, con le mani che stringevano le sue spalle, la schiena quasi fuori dalla poltrona per offrirglisi meglio.
Mrs. Hudson era stata mentalmente arginata a un problema che poteva essere tranquillamente affrontato più tardi – sicuramente sarebbe stata felice di sapere che la loro relazione era diventata più intima, anche se forse tutto sarebbe rimasto limitato a quell’unica giornata. John era completamente pervaso da una sensazione indefinibile, non riusciva a capire se fosse piacere o terrore.
Edited 2010-12-21 22:00 (UTC)

RPF CALCIO Carlota Fàbregas/Francesc Fàbregas, devozione

[identity profile] lisachanoando.livejournal.com 2010-12-21 10:25 pm (UTC)(link)
[...] (http://community.livejournal.com/dietrolequinte/263154.html)

L’Inghilterra, un po’, ha aiutato. Soprattutto all’inizio. Mettere chilometri fra lui e sua sorella quantomeno lo privava della possibilità effettiva di guardarla, e in questo modo il non doverlo fare pesava di meno. Allo stesso modo non riusciva a incrociare i suoi occhi e non riusciva a stringere come avrebbe voluto il suo corpo morbido e caldo, ma non importava più che non potesse farlo perché no. Poteva illudersi di non potere solo perché lei non c’era, poteva raccontarsi un sacco di balle e dirsi che alla prima occasione l’avrebbe coccolata così tanto da lasciarle addosso l’impronta delle mani – e allora i suoi amici rimasti a Barcellona neanche ci avrebbero provato, ad avvicinarsi, o lui avrebbe divorato loro il cuore strappandoglielo dal petto con quelle stesse dita che sulle pelle di Carlota avrebbero lasciato tracce invisibili e indelebili – salvo poi vedere tutte le proprie convinzioni crollare rovinosamente al primo pranzo di Natale ed al primo compleanno o al primo weekend che Carlota riusciva a passare da lui.
I chilometri, si dice adesso che Carlota gli sussurra di piantarla e lo bacia con forza, inchiodandolo al divano sul quale fino a due minuti fa stavano innocentemente guardando la televisione, non contano niente. I chilometri sono solo spazio, così come i giorni sono solo tempo. La voglia che ha di sentire addosso Carlota è qualcosa di diverso, è una cosa incredibilmente più fisica, per quanto a pensarci sembri assurdo. Il tempo ti passa addosso, e quando succede lo senti. I chilometri ti scorrono sotto i piedi, e quando succede lo senti. La voglia invece era lì, sorda o acuta, forte o debole, presente o assente a tratti, e c’era da sempre. Combatterla non è servito a niente, ma Cesc non è proprio sicuro che abbandonarvisi invece possa essere la situazione più adatta.
Ma le mani di Carlota gli scorrono sul petto, sopra e sotto la maglietta, e sono calde di voglia e d’impazienza, e le sue labbra cercano quelle di suo fratello come fosse normale, come fosse giusto, e quando Cesc la guarda – immersa nella penombra della stanza rischiarata solo dalla luce debole della televisione ad angolo, gli occhi chiusi, una piccola ruga di preoccupazione in mezzo alle sopracciglia e il petto che si alza e si abbassa inseguendo il ritmo affannoso dei suoi respiri – prova a chiedersi un’altra volta perché non dovrebbe, e tutto ciò che cambia, rispetto al passato, è che la voce piccola e sicura che si è sempre premurata di rispondergli “perché no” stavolta tace.
E allora niente, alle mani di Carlota si aggiungono le sue, ai suoi baci risponde coi propri, e lo stesso fa con le sue carezze, e quando pochi minuti dopo la aiuta a stendersi sul divano e si insinua fra le sue cosce, che si chiudono immediatamente con forza attorno ai suoi fianchi, nasconde il viso sul suo collo e la stringe fino a far mancare il fiato a entrambi, affondando il naso fra i suoi capelli, inspirando il suo profumo, annegando nel calore umido del suo corpo e gemendo con forza nell’eco sussurrata e confusa degli ansiti e dei sospiri spezzati di sua sorella, che lo allaccia al collo, se lo tira addosso, si struscia contro di lui e sembra quasi volerlo risucchiare dentro se stessa per non lasciarlo più andare.
Solo quando viene dentro di lei, stringendole con forza i fianchi fra le dita – e l’impronta adesso è lì, e no, non andrà più via – Cesc capisce da quanto sta aspettando questo momento. Da quanto, e quanta strada ha fatto per raggiungerlo. Tempo e spazio riprendono ad avere un senso, nel sorriso che nasce sulle labbra morbidissime di sua sorella quando esce dal suo corpo e si accoccola contro di lei, restando immobile e annodato al suo fianco sul divano e chiudendo gli occhi non perché non vuole guardare, ma perché sa che quando li riaprirà potrà farlo ancora.

RPF CALCIO - Francesc Fàbregas/Gerard Piqué, albero di Natale

[identity profile] x-stateira-x.livejournal.com 2010-12-21 10:31 pm (UTC)(link)
La storia completissima è quah (http://x-stateira-x.livejournal.com/2588.html)

Quattro minuti dopo, si era fatto pieno Luglio, e Gerard sentiva davvero un gran caldo. Cesc stava lavorando con la stessa, risoluta dedizione di prima, ad un nuovo albero di natale. Solo che non era un albero, era la sua erezione, e – Cristo santissimo, era meglio se non ci pensava.

- Non sapevo di che colore avessi gli addobbi. – gli spiegò, mentre lo accarezzava meticolosamente con la punta delle dita fino a quando non riuscì a farlo diventare completamente duro. – Perciò mi sono premunito. C’era una sola cosa di cui ero sicuro. –

Gerard si aggrappò con tutte le sue forze ai braccioli della poltrona: probabilmente non voleva sapere di cosa si trattasse.

- Ecco qui. – sussurrò Cesc, rapito. Stappò la bottiglietta di topping e spremette un lungo sbruffo di gel blu chiaro appena sotto al suo glande.

Gerard imprecò sottovoce.

- Non ho niente di argentato, però ho quello trasparente, al gusto di zucchero. Dovrebbe andare bene. –



Nel giro di una manciata di secondi, lo spazio fra le braccia di Gerard ed i braccioli erano ingombri di bottigliette di topping, perché alla fine Cesc aveva deciso che non gli importava niente di intonare il suo pene natalizio con l’albero vero, perciò si era dato alla sperimentazione selvaggia con il topping all’amarena e quello al cioccolato.

Gerard aveva sempre sottovalutato la densità del topping; oppure in Inghilterra ne producevano di straordinariamente denso e vischioso. Cesc era un maledetto sadico che gli faceva colare poche gocce per volta dritte sul glande, e poi aspettava con pazienza che scendessero fin quasi ai testicoli, mentre lui smaniava e si umiliava per avere di più.

Per allora, il suo uccello era già diventato un disperatissimo, durissimo e coloratissimo alberello coperto di glassa da cima a fondo.

Gerard lo implorò per la milionesima volta di dargli il colpo di grazia, ma l’altro non ne volle sapere.



- Non vedi? – puntualizzò, critico. – Manca la stella, no? –



La stella.

Secondo lui, il suo albero organico doveva essere stella-dotato perché, altrimenti, orrore. Gerard cominciava a temere seriamente che le palle potessero scoppiargli da un momento all’altro, con tutte le insopportabili scosse elettriche di piacere che il movimento lentissimo delle gocce di topping gli stavano provocando ovunque.

Cesc brandì un contenitore un po’ più grande degli altri, lo agitò, lo puntò con perizia contro il suo glande congestionato e reso quasi viola dalla glassa alla fragola. E premette il grilletto.

Un mare di panna montata si avvolse sciabordando tutt’intorno alla punta, a formare un piccolo cono straordinariamente preciso, dall’aria soffice e molto, molto saporita.



- Lllllà! – esclamò Cesc, soddisfatto. – Ora sei perfetto. –

- Ora sono morto, morto! – quasi piagnucolò Gerard. – Ti odio, Fàbregas, te lo giuro. Ti odio. –

- Perché ti agiti tanto? Guarda che adesso ti mangio. –

- Oooh, mio dio, non ti ci mettere anche a parole. –



Cesc contemplò il suo capolavoro con malcelata soddisfazione. Anzi, fece di meglio: estrasse il palmare dalla tasca dei pantaloni, e lo fotografò. Poi, cambiò angolazione, in modo da riuscire ad inquadrare i suoi due alberelli insieme. Se lo meritava, erano state ore di duro lavoro, le sue.



- Queste però non te le farò mettere su Twitter. – gli assicurò. – Sono solo mie. –

- Nh. Avevo promesso che avrei pubblicato delle foto dell’albero. Adesso, ti prego! –

- Le faremo più tardi, così i tuoi fans saranno contenti. E sarà contento anche Puyi. –

- Ha detto che verrà a controllare se l’ho fatto davvero. –

- Spero che non venga adesso, allora. –



Ed impattò dolcemente, con la punta del naso e con le labbra, sul suo pene lungamente abusato.

Re: RPF CALCIO - Francesc Fàbregas/Gerard Piqué, albero di Natale

[identity profile] x-stateira-x.livejournal.com 2010-12-21 10:38 pm (UTC)(link)

Gerard prima si tese come una fune, poi si rilassò a peso morto sul divano, senza poter fare altro che gemere e singhiozzare in modo sconnesso e del tutto privo di dignità mentre Cesc si mangiava il suo alberello.

Le gocce di topping più vecchie si erano come seccate sulla sua pelle, e costringevano Cesc a fargli qualcosa di tremendo, leccandole con la punta della lingua per riuscire a toglierle via un po’ alla volta. Quando arrivò alla zona subito sotto al glande, Geri temette seriamente che sarebbe venuto prima di ricevere un pompino come si deve. Non c’entrava niente che non lo prendesse in bocca tutto quanto, ci pensava la sensazione appiccicosa del topping a farlo impazzire. E la panna montata stava diventando bollente: Cesc prese a leccarla via un pochino alla volta, facendogli sentire solo qualcosa di ovattato man mano che si avvicinava. Lo strato finale scivolò via tutto insieme, e per mangiarselo in tempo Cesc fu costretto – grazie, Dio, grazie – a mangiarsi anche la sua erezione quasi completamente.

- Oh, Cesc. Ooooh, Cesc. – esclamò, completamente accecato dall’orgasmo che montava inesorabile. Cesc lo guidò con perizia, obbligandolo praticamente ad esplodere quando volle lui, e soprattutto come volle lui: il getto di sperma concluse la coloratissima, e ormai pasticciatissima, opera natalizia, aggiungendo un qualcosa in più, un tocco genuinamente sporco al tutto.

RPF STORICO Demostene/Eschine, Divergenze Politiche

[identity profile] s0emme0s.livejournal.com 2010-12-21 10:44 pm (UTC)(link)
[Da anni volevo farlo. ANNI!]

Demostene scese dalla pedana, mentre il tripudio del popolo ateniese copriva ogni altro rumore attorno a lui, sollevandosi come una marea e nutrendo il suo orgoglio.
Aveva appena terminato la sua orazione. Ciò che voleva era la guerra. Perché solo la guerra, l’opposizione a Filippo il Macedone, avrebbe potuto mantenere Atene ciò che era stata per secoli: una Democrazia.
Mentre i suoi più intimi si congratulavano con lui e gli posavano amichevole pacche sulle spalle, i suoi occhi incontrarono quelli contrariati di Eschine.
Era in mezzo alla folla, come sempre amava fare.
Demostene non capiva come potesse continuare a perorare la causa Macedone e mescolarsi ai comuni cittadini con tanta tranquillità.
Tra tanti che gridavano, applaudivano, tentavano di farsi avanti per raggiungerlo, lui solo rimaneva fermo, con le braccia incrociate, gli occhi azzurri truci e la bocca atteggiata in una smorfia.
Demostene lo conosceva bene. Eschine non avrebbe mai cambiato idea.
-Ottima orazione Demostene. Come sempre riempi il cuore dei nostri concittadini di fanatismo e idiozie. Mi complimento.- Demostene si fermò nel bel mezzo del vicolo attraverso cui stava passando.
Gli amici più cari, e i fanciulli a cui insegnava che camminavano con lui gli si strinsero intorno, circondandolo per proteggerlo.
Ma Eschine era solo.
Demostene sorrise.
-Lasciateci.- Disse, voltandosi lentamente.
-Ma, maestro...- Tentò uno dei più grandicelli.
Lui lo zittì con un cenno della mano e fece segno di allontanarsi.
Rimasero soli, mentre la notte si faceva più fitta e le strade si svuotavano.
-Sei ostinato come un mulo Eschine. Possibile che tu non capisca?-
-Quante volte abbiamo fatto questo discorso? Sei tu che non capisci che Filippo è l’unica nostra risorsa, se non vogliamo sprofondare nei debiti e nella guerra civile.-
-Preferisco morire combattendo contro il mio stesso fratello che sottostare ad un governo assoluto.-
I due oratori si erano fatti più vicini mentre parlavano.
Eschine a quelle parole di profondo amore per il proprio paese si infiammò e non aggiunse altro. Soltanto allungò le mani e afferrò Demostene per i capelli facendo cozzare tra loro prima le teste e poi finalmente le loro bocche.
Non erano mai stati delicati nei loro incontri. Erano violenti negli attacchi politici ed erano violenti anche quando si univano nei vicoli della città.
Demostene lo afferrò per la tunica, trascinandolo contro di sé e appoggiandosi al muro.
-Ti è piaciuta l’orazione di oggi. Lo so.- sussurrò sulle sue labbra con il sapore di sangue sulla lingua.
-Adoro le tue orazioni. Adoro il tuo ardore e la tua forza. Ma ciò non toglie che stai miseramente sbagliando.-
-Eppure sono io che riesco a trascinare le masse. Sono io che alimento l’odio...-
-Sta zitto!- Ringhiò Eschine insinuandogli una mano sotto la tunica e afferrandogli il membro ormai decisamente indurito.
Demostene si spinse contro di lui, sentendo la pietra del muro farsi bollente.
Le bocche si unirono di nuovo, esplorandosi a vicenda, senza pudore né dolcezza.
-Voltati.- Ordinò Eschine in un sussurrò, e Demostene obbedì senza pensarci.
Il filomacedone con due dita bagnate di saliva gli solleticò l’apertura, facendolo fremere.
-Dillo!-
-No.- Rispose l’altro con un sospiro.
-Dillo, oppure non ti preparerò.-
-Non è la prima volta che lo fai.-
-Obbedisci Demostene! Dì: “Io ho torto e tu hai ragione Eschine, Filippo è la nostra unica possibilità!”. Dillo!- Gli ringhiò Eschine nell’orecchio.
-No...- Ansimò l’altro, sentendosi al limite.
-Come vuoi.-

[...]

Re: RPF STORICO Demostene/Eschine, Divergenze Politiche

[identity profile] s0emme0s.livejournal.com 2010-12-21 10:45 pm (UTC)(link)
[...]

Eschine lo penetrò con un basso verso gutturale, trovandolo stretto e contratto.
Demostene dovette mordersi a sangue le labbra per evitare di gridare, ma le lacrime uscirono spontanee dagli occhi per il forte dolore.
Non era nuovo a quelle pratiche ovviamente, ma ormai era una settimana che non incontrava Eschine da solo e l’impatto fu decisamente improvviso e bruciante.
Le dita di Eschine si strinsero di nuovo attorno alla sua erezione masturbandolo a ritmo delle spinte sempre più violente che lo schiacciavano al muro.
Come al solito il primo a venire fu Demostene, a cui piaceva mescolare il piacere con il dolore.
Poco dopo Eschine lo segui, svuotandosi in lui con un sospiro roco e soddisfatto.
Rimasero immobili per qualche istante poi il filomacedone fece in passo indietro, permettendo a Demostene di allontanarsi dal muro.
-Come al solito non sai cedere.- Disse Eschine con un sorriso divertito al di là della barba folta.
-Se sapessi cedere, avresti vinto da anni. Sei il mio degno avversario e lo sarai sempre.- Rispose Demostene ricomponendosi e sistemandosi la tunica.
Si guardarono negli occhi per un lungo istante, senza mai scordare di stare sulla parte opposta delle barricate.
-Alla prossima orazione Eschine.- si decise alla fine a dire Demostene, per poi voltarsi e andarsene per la sua strada.
-O forse prima...- sussurrò Eschine più a sé stesso che al rivale di sempre.

FINE
(deleted comment)

HARRY POTTER Draco Malfoy/Harry Potter, Ritratto.

[identity profile] queenseptienna.livejournal.com 2010-12-22 12:14 am (UTC)(link)
Versione integrale (http://community.livejournal.com/thestaticage_ff/16414.html)

- Potter, devi dirmi perché hai ritratto solo il mio viso. – ansimò Draco, appoggiato con i gomiti sulle piastrelle scivolose di vapore del Bagno dei Prefetti, il culo in aria tenuto fermo dalle mani grandi di Harry. Questi si spingeva dentro di lui con una calma irreale, godendosi ogni singola staffilata in quel corpo stretto, quasi non ci credeva neppure lui.
- Perché dovevo vederti nudo, per sapere come sei fatto. – rispose il Bambino Sopravvissuto, sfilandosi per poi rientrare con decisione e strappando un guaito a Malfoy, che ingoiò la battuta sulla perfezione del suo corpo per dare voce alla gola e gemere. Ogni spinta di Harry lo mandava sempre più dritto in paradiso, portandolo sull’orlo del dolce baratro in cui sarebbe voluto cadere e dove Harry lo spinse, permettendogli di riversarsi fra le sue dita con un orgasmo rapido e inaspettato.

[...]
(deleted comment)
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OURAN HOST CLUB - Hikaru/Kaoru, prima volta

[identity profile] arwen1988.livejournal.com 2010-12-22 10:55 am (UTC)(link)
Prima PWP per il p0rn fest! ^^ Va la metto in versione integrale perché sul mio lj l'ho lucchettata. Avvertenza: è incest.


La prima volta




Kaoru aprì gli occhi, svegliato da dei leggeri rumori al suo fianco, e si ritrovò nell'oscurità più completa. Lentamente sbucò con la testa da sotto la coperta, guardandosi attorno: a pochi centimetri da lui c'era suo fratello, seduto contro la testiera del loro letto.
Sebbene fosse ancora mezzo addormentato, Kaoru riconobbe perfettamente i rumori che sentiva e, leggermente imbarazzato, pensò di girarsi dall'altra parte e fare finta di dormire finché Hikaru non avesse finito, tuttavia prima che potesse farlo notò nella penombra l'espressione del gemello. Senza nemmeno pensarci, parlò a voce alta.
«Tutto ok, Hikaru?»
Il ragazzo sobbalzò, stringendo le mani attorno alla propria erezione, cercando di nasconderla al fratello.
«Io... sì!»
Kaoru sospirò, appoggiando la fronte contro il cuscino.
«Dai, perché hai quell'espressione disperata?»
In effetti probabilmente avrebbe anche potuto girarsi dall'altra parte e fare finta di niente, almeno non si sarebbero messi in imbarazzo entrambi, però in fondo Kaoru non si sentiva poi così tanto scandalizzato: erano gemelli, quello che sentiva e vedeva Hikaru quando si masturbava era probabilmente uguale a quello che sentiva e vedeva lui stesso.
Poco più in là, anche Hikaru dovette pensare lo stesso perché sospirò leggermente, decidendosi a parlare.
«Non riesco a venire.»
Kaoru rimase paralizzato per qualche secondo guardando l'espressione imbarazzata del fratello che ancora stringeva l'erezione tra le mani, infine sorrise, sollevando le coperte.
«Vieni qua, torna a stenderti.»
Senza nemmeno farsi troppe domande su cosa volesse il fratello, Hikaru tornò a sdraiarsi al suo posto, affianco a Kaoru. Sussultò quando sentì una mano del fratello sulla propria gamba, e lo guardò con gli occhi sgranati.
Kaoru lo fissava a sua volta: aveva toccato senza pensarci la sua pelle fredda ma poi si era dovuto fermare. Erano anni che fingevano di avere rapporti, solo per intrattenere le compagne di scuola, che mettevano in scena "l'amore fraterno", ma la verità era che mai prima di allora erano arrivati così vicini a qualcosa di così esplicitamente pericoloso. Pericolosamente incestuoso.
Kaoru si morse un labbro, fissando il fratello che automaticamente gli mise una mano sulla bocca per fermarlo. Con le dita sopra le labbra, Kaoru inspirò il profumo che a queste si era attaccato.
«Hai il mio stesso odore.»
Gli occhi di Hikaru si spalancarono e per un attimo cercò di ritirare la mano; la lingua di Kaoru guizzò veloce e Hikaru si fermò, osservando il fratello che gli leccava piano le dita, quasi con curiosità, fermandosi ogni tanto con gli occhi fissi nei suoi, come usando la sua espressione per capire se quel che faceva andava bene o meno.
«Credo... che tu abbia anche il mio stesso sapore.»
Sospirando il suo nome, Hikaru si mosse un po' verso di lui, spostando le dita dalle sue labbra e accarezzandogli il viso, chiudendo gli occhi insieme al gemello mentre questo muoveva la mano dalla sua coscia verso il suo basso ventre. Riaprì gli occhi boccheggiando quando Kaoru strinse lentamente la presa sulla sua erezione.
Le dita di Kaoru si muovevano su di lui e per la prima volta Hikaru sperimentò un piacere che non si fosse procurato da solo: lo trovava più intenso e più bello di quand'era lui ad occuparsene e per un attimo provò a farsi qualche domanda a proposito, fallendo e lasciando perdere l'intenzione, chiudendo gli occhi e lasciando semplicemente che il fratello lo portasse oltre quelle ondate di piacere, facendolo arrivare all'estasi.

Re: OURAN HOST CLUB - Hikaru/Kaoru, prima volta

[identity profile] arwen1988.livejournal.com 2010-12-22 10:56 am (UTC)(link)
«Kaoru...»
Fu il gemito che ebbe in risposta a fargli riaprire gli occhi. Suo fratello lo guardava con le guance rosse e un'espressione leggermente colpevole, per un attimo Hikaru pensò che volesse smettere e si vergognò di se stesso: aveva appena posato la mano su quella con cui l'altro lo stava massaggiando che si accorse dei movimenti del fratello. Lentamente, alla cieca, raggiunse il bassoventre di Kaoru, scoprendo di avere azzeccato con le sue supposizioni quando lo scoprì intento a masturbarsi con la mano libera.
In silenzio, posò la mano sulla sua, scostandogliela, e afferrò l'erezione calda di Kaoru che gemette, muovendosi inconsciamente verso di lui. Iniziarono a masturbarsi seguendo la stessa velocità, affondando quando l'altro affondava, avvicinandosi sempre di più l'uno all'altro finché le loro mani non arrivarono a scontrarsi sotto le coperte e loro due intrecciarono le gambe.
Con un gemito Kaoru spostò la testa sul cuscino, poggiandola contro quella del gemello.
«Fratellino...»
Rimasero qualche secondo in silenzio, fissandosi senza smettere di masturbarsi, guardandosi negli occhi e osservandosi le labbra. Infine Kaoru si mosse lentamente, baciandolo su quelle labbra identiche alle proprie e rimanendo lì fermo ad osservare le sue reazioni. In risposta fu Hikaru a baciarlo, dapprima solo dei piccoli buffetti labbra contro labbra, prima che la lingua di uno inumidisse il labbro inferiore dell'altro e questo la toccasse con la propria quasi timidamente, prima che si dessero il loro primo vero bacio.
Hikaru spostò tra i capelli del gemello la mano che aveva tenuto fino ad allora sul suo volto, avvicinandolo a sé e cercando di approfondire i baci, finché non si ritrovò senza sapere nemmeno come per metà sdraiato sopra Kaoru. Gemettero entrambi l'uno nella bocca dell'altro, lasciando la presa sulle loro erezioni, iniziando invece a strusciarsi l'uno sull'altro, gemendo per la sensazione dei loro membri premuti ed eccitati insieme.
Le mani di Kaoru scivolarono sulla schiena del fratello, stringendoselo addosso, accarezzando le sue natiche e cercando di spingerle verso di sé alla ricerca di una maggiore frizione tra i loro bacini mentre le mani del gemello accarezzavano il suo fianco, cercando di raggiungere anche loro le sue natiche.
Quando capirono di avere avuto la stessa idea rimasero a fissarsi negli occhi per qualche secondo e poi, insieme, si accarezzarono lo stretto anello di muscoli a cui entrambi avevano puntato, penetrandosi piano con un solo dito, soffiando di dolore l'uno sulla spalla dell'altro.

I gemelli avevano dovuto spostare le coperte tanto era il caldo che sentivano, i loro gemiti risuonavano appena nella stanza, soffocati tra le loro bocche. Si muovevano in maniera errante, cercando di mantenere quanto più possibile il contatto tra le loro erezioni e contemporaneamente penetrarsi con le dita che ormai erano diventate due mentre lentamente si abituavano alle intrusioni.
«Kaoru, voglio di più...»
«Hikaru, penetrami.»
«Cosa?»
Il ragazzo si fermò, guardando il viso eccitato del gemello.
«Cosa hai detto?»
Kaoru si morse il labbro spostando le gambe e allacciandole alla sua schiena.
«Penetrami, Hikaru.»
Ma lui non si mosse, il corpo che d'improvviso tremava.
«Ma ti farà male...»
Con forza, il ragazzo sotto di lui negò con la testa. «Sarà solo all'inizio. Voglio venire con te, ti prego penetrami.»
Sentendo quelle parole Hikaru non riuscì più a ribattere e si abbassò su di lui, sussurrando vicino al suo orecchio per calmarlo mentre gli sollevava il bacino dal materasso prima di iniziare a penetrarlo.
Per il dolore Kaoru trattenne il respiro, premendo la nuca contro il cuscino, gli occhi serrati; sopra di lui, Hikaru si dovette aggrappare allo stesso cuscino, boccheggiando per riuscire a non raggiungere l'orgasmo quando ancora non era entrato nemmeno del tutto in quel corpo.

The Vampire Diaries, Katherine/Stefan, nella tomba

[identity profile] nemofrommars.livejournal.com 2010-12-22 11:00 am (UTC)(link)
Riassunto: Katherine fa l'inception a Stefan, come da canon.
OOC di Stefan, purtroppo; hate!sex; What if..? perchè quei bastardi dei produttori non ci hanno dato la soddisfazione di vederli 'trombare castamente' (cit. Shariaruna) su per i muri.
Dedicata a Shari, per l'appunto, perchè è una pazza e gliela dovevo da cinquemila anni (dato che non posso regalarti una Stelena per miei motivi fisiologici, vedi di farti bastare questa u_u) e anche ad Alexiel, perchè le devo altre tremila robe tra cui varie ricompense in natura.

[inizia qui] (http://nemofrommars.livejournal.com/43263.html)

Quel corpo identico in ogni dettaglio a quello di Elena, si preme lentamente contro il suo, ma con una malizia che solo Katherine conosce.
“Sai di volermi” sussurra al suo orecchio, come a confidargli un segreto sporco, e la sua voce, – la forma identica, ma l'essenza così distante dalla loro copia umana – riportano Stefan indietro di centoquarantacinque anni, quasi sotto l'influsso di un incantesimo oscuro e bellissimo.
“Katherine...”
Sospira, sopraffatto dai ricordi, e ora, più della sete, più del pensiero di sentirsi addosso un'eccitazione indefinita, che sa di sbagliato e familiare, prevale una certezza: non è l'assenza di Elena al suo fianco, ma la presenza di Katherine a rendere Stefan infinitamente debole.
Katherine, la prima.
Katherine, l'origine di tutto.
Katherine, il mostro dalle fattezze di angelo.
(“Sei tornato per innamorarti di nuovo di me, non è così?”)
Se l'ossessione avesse un profumo, sarebbe quello di Katherine.
Lei si inarca appena, quando la mano di Stefan si muove contro la propria volontà, salendo ad accarezzarle la schiena quasi nuda.
Deglutendo a fatica, le scosta una spallina del vestito.
“Mi sei mancato così tanto...” mormora Katherine, appoggiando la testa dolcemente sul suo petto, imitando alla perfezione l'abbandono di Elena quando si addormenta contro di lui, dopo aver fatto l'amore.
In quel gesto, Stefan vede lo specchio della persona che ama e al contempo il riflesso lucido e solido, per nulla scalfito dal tempo, di una parte di sé che credeva morta e sepolta.
La odia.
Odia Katherine, ne è certo, ma vorrebbe odiarla di più, adesso che l'ha preso in trappola, con la promessa di eterna dannazione scritta nel calore del suo corpo: lasciati andare, bevi da me. Staremo di nuovo insieme, come non lo siamo mai stati.
Ancora una volta, i pensieri corrono ad Elena, ma il ricordo di poco prima – così reale e vivo -, quando l'ha vista con Damon, li interrompe.
E' giusto così, lo sai che succederà.
Una furia cieca esplode nel petto di Stefan, e l'unico modo in cui l'istinto gli impone di sfogarla è prendendo Katherine per i polsi e costringerla in un bacio violento – no, un morso affamato - a cui lei risponde con altrettanto impeto.
(...)

Re: The Vampire Diaries, Katherine/Stefan, nella tomba

[identity profile] nemofrommars.livejournal.com 2010-12-22 11:03 am (UTC)(link)
Le labbra di entrambi non tardano a sanguinare, e – dio, Stefan aveva quasi dimenticato il sapore di quello di Katherine, ma ora è come non aver mai smesso di assaggiarne.
Come la prima volta, ti ricordi della nostra prima volta, Stefan?
Katherine gli parla senza bisogno delle parole, come se lo stesse soggiogando solo tramite il contatto della loro pelle, e a quel punto, anche se tutto gli grida di fermarsi, Stefan si accorge di non poterlo fare.
Non ne ha abbastanza.
Ne vuole ancora.
Bere da lei, averla, farle del male, è l'unica necessità.
Le strappa i vestiti di dosso, rapido e brutale come farebbe col collo di una vittima, e fa scorrere rudemente la bocca sul suo collo, sui suoi seni, succhiando e mordendo, provando una gioia crudele e selvaggia nel sentirla urlare e poi sanguinare.
Ancora, Stefan.
Il profumo del sangue è la voce di Katherine.
Il sapore del sangue gli ordina di non smettere, di affondare i denti fino a quando non si sarà saziato e stordito, come con Elena non ha mai potuto fare.
Elena...
E' relegato nel buio, il suo ricordo, vinto dal potere di Katherine che gli è strisciato silenziosamente sotto pelle, squarciando ogni certezza, avvelenandolo.
Un attimo dopo, già nudo quanto Katherine, è schiacchiato tra la parete ruvida e appuntita della caverna e le curve di lei, la morbidezza della sua pelle e dei suoi movimenti, ma è questione di un attimo prima che i ruoli si ribaltino.
La ragione annebbiata dalla furia, Stefan si porta le cosce di Katherine attorno ai fianchi, e, senza concederle nulla, nemmeno una carezza o un respiro più intenso, la penetra di colpo, fino in fondo.
Il gemito osceno di dolore e – possibile? stupore – di Katherine gli manda un brivido incontrollabile lungo la spina dorsale, alimenta la voglia che lo guida, l'istinto di spingersi in lei con ogni stilla di disperazione e di odio che possiede.
Più forte.
Le lacera la gola con un morso, ansimando e annegando in un piacere folle, proibito, ma quando si allontana per guardarla negli occhi – per vedere estasi e dolore sconvolgerla - , il viso di Katherine è trasfigurato.
"Sii gentile con me, Stefan...” lo implora, con un'espressione spaventosamente indifesa, innocente.
"Non farmi male..."
Così non da Katherine.
E' talmente simile ad Elena, che Stefan si sente gelare dal terrore, rendendosi conto che non saprebbe distinguere chi sia, la ragazza che ha contro di sè, e quel lampo di angoscia è sufficiente a farlo svegliare di botto.

Sudato e tremante, si tocca febbrilmente le labbra prima ancora di rendersene conto, ma non trova il sangue che si aspettava.
C'è solo il sapore di Katherine - Katherine che è lì, le gambe incrociate, seduta a pochi passi da lui, con un sorriso perverso e soddisfatto a deformarle i lineamenti.
“Un incubo, Stefan?” chiede con finta curiosità divertita.
“Torna a dormire, la notte è ancora lunga”
(deleted comment)

HARRY POTTER Remus Lupin/Sirius Black, "Era un inferno senza di te"

[identity profile] leliwen.livejournal.com 2010-12-22 02:09 pm (UTC)(link)
Il primo abbraccio era avvenuto nella Stamberga Strillante, accompagnato dallo slancio emotivo del momento, dal capire, comprendere, accettare la verità e sentirsene, colpevolmente, sollevati. Non era stato Sirius. Non era stato lui. Un altro, non lui. (http://leliwen.livejournal.com/66330.html)
[...]
Quasi alla cieca, Remus aprì la porta di un bagnetto microscopico e le mani di Sirius iniziarono a spogliarlo, senza dargli il tempo di dire nulla di più. Le dita agili di Sirius slacciarono la fila di alamari al lato del torace di Remus, mentre questi fece lo stesso con i bottoni della camicia dell'altro. Le mani indugiarono sulla pelle che venne esposta, scoprendo la consistenza nuova dell'epidermide non più fanciullesca, dei muscoli tesi sulle ossa sporgenti. E intanto gli abiti finivano uno dopo l'altro a terra, ad ammucchiarsi davanti alla porta, prima che Remus facesse un passo indietro ed entrasse nello spicchio della doccia, trascinandosi appresso Sirius, le dita incastrate tra le ciocche aggrovigliate.
L'animagus si chiuse il vetro alle spalle, facendolo scorrere nella guida circolare mentre, con l'altra mano aprì l'acqua calda che immediatamente li investì, infrangendosi sulle loro spalle, inanellandosi ai capelli, rimanendo intrappolata dalle ciglia e da quella lieve barba che un tempo non c'era.
Trovare le labbra di Remus pronte ad accoglierlo fu, per Sirius, un ritorno a casa.
La lingua si attorcigliò con quella del compagno, riscoprì gli anfratti antichi e trovando sapori nuovi, le labbra succhiarono la lingua, distraendola dal proprio compito e subito dopo i denti finirono a mordicchiare quelle pennellate di rosso acceso su due volti troppo bianchi.
Le mani furono ovunque. Toccavano, palpavano, accarezzavano, strizzavano. Volevano imparare tutto del nuovo corpo che si trovavano difronte, senza lasciare più spazio unicamente alla memoria. I petti si alzarono e sia abbassarono seguendo il susseguirsi frenetico dei respiri esalati nella bocca dell'altro. Le erezioni crescevano strette tra i due ventri, strusciandosi l'un l'altra senza fretta, godendosi ogni istante in una danza lenta e frenetica insieme. Fu Remus ad afferrare il docciaschiuma, a spremerne una dose consistente direttamente sulla schiena del suo amante, iniziandolo a massaggiare scivolando dall'alto verso il basso, sempre un po' più in basso, fino alle natiche sode.
Sirius emise un gemito d'apprezzamento quando le dita lunghe di Remus le strizzarono, provvedendo a dar scorrere gli indici sulla pelle raggrinzita sul solco. L'acqua e il sapone rendevano scivolosa la presa ma il licantropo capì perfettamente che il movimento di Sirius non fosse dovuto alla precarietà della loro posizione quanto ad un desiderio ben più profondo. Spostò appena un po' la mano e, aiutato dalla schiuma, introdusse un dito nel corpo inarcato del compagno. Lo tenne lì, immobile, mentre Sirius gli artigliava la schiena e si occupava di torturargli un capezzolo, spingendosi avanti e indietro, scopandosi da solo.
Poi, senza preavviso, le dita divennero due, e ogni volta che si inarcava per prenderle più in profondità, quelle si aprivano, tastando ogni centimetro di quell'anfratto vellutato, facendolo rabbrividire di un piacere intenso eppure ancora troppo effimero.
Remus aveva la testa appoggiata al vetro, lo sguardo fisso sul corpo di Sirius incastrato tra il proprio e la piccola doccia, ipnotizzato dalla goccioline che scendevano verso il sedere venendo poi ingabbiate dal movimento ondulatorio mentre le proprie dita apparivano e scomparivano da quel corpo così ardentemente desiderato. Il proprio pene era gonfio e dolorante e il liquido denso che iniziava a secernere dalla punta, non riusciva ad esser portato via dalle poche gocce che scendevano fin lì dopo esser scivolate sui due corpi intrecciati. Le dita che non si stavano scopando il corpo di Sirius erano bloccate sulla sua nuca, tenendolo fermo lì a giocare col proprio torace. Sentiva l'eccitazione salire ad ogni spinta, la lingua dell'altro leccare, i denti morderlo, la bocca baciare ogni angolo della sua pelle, ma i suoi occhi erano fissi, gelosamente, sulle proprie dita.
[...]

Re: HARRY POTTER Remus Lupin/Sirius Black, "Era un inferno senza di te"

[identity profile] leliwen.livejournal.com 2010-12-22 02:10 pm (UTC)(link)
[...]
In un attimo staccò Sirius dal proprio corpo e lo rigirò contro la parete curva della doccia. Con un unico movimento reso fluido dal sapone vagamente oleoso ancora presente su quel corpo, entrò in lui.
Un gemito di dolore e piacere invase sgorgò dalla sua gola, mentre Remus si fermava per permettergli di riprendere fiato.
"So-sono un po' fuori… allenamento…" si giustificò, piantando le mani al lato del volto e inarcando la schiena prendendo un respiro profondo. Così facendo il membro del licantropo oscillò in lui, andando a sfiorare la sua prostata.
Un gemito di indiscusso piacere accompagnò la sua testa, mentre cadeva nel semicerchio creato dalle sue braccia. Le mani del licantropo gli afferrarono il torace, le dita andarono a torturare i capezzoli turgidi strappando nuovi gemiti di piacere dalla bocca di Sirius, schiacciata contro il vetro.
Solo a quel punto, quando l'altro non fu niente di più che una gelatina implorante tra le sue mani, che Remus iniziò a spingere. Con cadenze identiche a… prima. La stessa arrendevolezza di Sirius, il proprio medesimo controllo, la stessa identica passione di un tempo. Sembravano non esser passati tutti quegli anni e la pelle di Sirius sotto il getto caldo, aveva riacquistato il colore di un tempo e la propria sembrava aver perso buona parte delle cicatrici, lavate via da un'acqua gentile.
Non era così, ovviamente, ma perdersi in quelle spinte possenti, schiacciare il corpo per nulla fragile dell'altro contro quel vetro, sapere quell'eccitazione svettante rimbalzante contro la superficie liscia e fredda gli diede un brivido, come se il proprio mondo avesse finalmente ripreso a girare.
Quando Sirius si riversò contro il vetro, senza mai esser toccato, quando la carne si strinse attorno al proprio pene affondato completamente nell'altro, quando le scosse di piacere dell'animagus divennero quelle del licantropo, Remus capì che si erano davvero ritrovati. E questa volta nulla l'avrebbe mai più fatto dubitare della parola di Sirius.
Scivolarono entrambi a terra, esausti e il moro trovò, chissà da dove, la forza di girarsi e sprofondare il volto nel collo di Remus. E le braccia del padrone di casa sorpresero anche se stesso, trovando le energie per alzarsi ad ingabbiare Sirius contro il proprio corpo.
"Mi sei mancato." Sussurrò il moro sull'epidermide dell'altro, mentre la doccia iniziava a raffreddarsi.
"Anche a me." Assicurò l'altro "Era un inferno senza di te."
Sirius chiuse gli occhi abbandonandosi completamente a quel tocco gentile che lo coccolava in quello stretto abbraccio "Già." sussurrò "Lo capisco."

RPF CALCIO - Carles Puyol/Iker Casillas, Pilates

[identity profile] x-stateira-x.livejournal.com 2010-12-22 02:41 pm (UTC)(link)
( Quih (http://x-stateira-x.livejournal.com/2846.html) )


Lui assume quelle posizioni lente, ponderate, piene di grazia, che vengono l’una dopo l’altra in un continuum fluido. Tu la grazia non la vedi, ma i suoi muscoli, quelli sì: gonfi, quasi immobili nello sforzo. Il silenzio concentrato dello spogliatoio porta via l’attenzione delle orecchie, ed è come se tutto il potere percettivo si concentrasse negli occhi che seguono i gesti cauti delle sue braccia verso l’alto, e poi verso il basso, come in un respiro.
Che male c’è, a spiarlo un po’? Crede di essere rimasto da solo, dopo che Del Bosque è passato a dire a tutti di andare a riposare prima della partita.
Solo che il tuo modo di riposarti è farti una doccia bollente lunga ore, e il suo è fare i suoi esercizi di pilates.
Guardi la sua schiena inarcarsi in modo inaspettatamente flessuoso, e con la mano destra ti stringi il cavallo dei pantaloncini, per avvertirti: non fare puttanate, Iker Casillas, non lo guardare come se volessi provare sulla tua pelle l’effetto dei suoi riccioli.
Non funziona granché: il tuo pene risponde alla strizzata d’ammonimento diventando di marmo.
Gli addominali di Carles Puyol, anche quelli sono fatti di marmo.
Protetto dall’angolo cieco del locale docce, puoi continuare a guardarlo indisturbato, con la tipica voracità dei voyeurs.
Eppure, non sta facendo niente di erotico.
Non sta facendo niente di erotico?
Il suo collo si è contratto per un secondo solo, e subito una goccia di sudore è scivolata via. Poi, ha allungato in avanti le braccia, ha disteso una gamba, ha rilassato l’addome e pian piano si è lasciato scivolare sul pavimento.
E poi, su.
Fare sesso con quella lentezza esasperante dev’essere una tortura.
Masturbarsi con quella lentezza già lo è.
Immagini di essere disteso sotto di lui, di poterlo mangiare con lo sguardo mentre si muove sul tuo addome, completamente dominato. Ogni affondo che decide di prendere, lo prende fino all’ultimo millimetro, spingendosi contro di te con i suoi addominali prodigiosi che tu puoi toccare.
Decidi che per soddisfarlo ci vogliono interminabili ore di sesso totale, di quello fatto con le mani, con la lingua, con le gambe e soprattutto con la testa. Devi far godere ogni nervo del suo corpo elettrico, e lui farà godere te mille volte di più, se solo, con quelle sue ginocchia da difensore, stringerà il tuo bacino per chiederti di più.
Vieni mentre lui si sta alzando in piedi, e quasi ti dimentichi che non puoi gemere. È lui stesso che ti salva, coprendo il tuo sospiro furtivo con il clangore dell’armadietto. Lo vedi recuperare il suo asciugamano, rovistare un po’ in giro, e pensi che ora vorrà fare una doccia.
Una doccia, sì, gli ci vorrà proprio, una bella doccia rilassante.
… O-ho.

THE SOCIAL NETWORK Eduardo/Mark/Sean, "Non voglio che lui ti tocchi."

[identity profile] eyes-of-venom.livejournal.com 2010-12-22 02:46 pm (UTC)(link)
Non lo sa neanche, come sia arrivato in quella situazione. Non è che ultimamente stia capendo molto, a dire il vero, non quando non è praticamente fuso con il proprio portatile, almeno. Sa solo che è su un letto con Sean addosso ed Eduardo avvinghiato a lui da dietro, con il mento piantato contro la sua spalla. Sean lo sta baciando, ma ogni volta che fa per avvicinarsi di più e far aderire i loro corpi Eduardo gli piazza un pugno nello stomaco e si tira Mark addosso.
“Non voglio che lui ti tocchi.”
Sussurra, nell'orecchio di Mark, e comincia a mordergli il collo facendo scivolare una mano nei suoi boxer e cominciando a massaggiare la sua erezione. Mark emette un gemito confuso, e Sean allunga una mano, afferrando il polso di Eduardo e tirando la sua mano lontano da Mark, per poi afferrare violentemente il riccio per la vita e premerselo addosso, strofinandosi languidamente contro di lui. Sente Eduardo ringhiare, prenderlo per le spalle e tirarlo indietro, gettandolo sul letto e lanciandosi contro Sean. Mark li osserva lottare a bocca aperta per qualche secondo, cercando di capire se sia il caso di fermarli o meno. Sean blocca Eduardo contro il materasso, i suoi polsi stretti da una mano, l'altra a far leva per non cadergli addosso. Sorride. Si china su di lui e gli morde le labbra, facendogli aprire le gambe e penetrandolo con due dita. Eduardo si volta a guardare Mark, che gattona verso di loro e si sistema fra lui e Sean. Gli poggia le mani sulle spalle e lo bacia. Gli sorride e si volta mettendosi a cavalcioni su Eduardo e chinandosi, poggiando il viso contro la sua spalla. Sussulta quando Sean gli entra dentro. Stringe forte Eduardo e mormora:
“Neanch'io voglio che ti tocchi.”



(Fa pena, perdonatemi xD)
ext_18115: (pornodrillo)

Re: THE SOCIAL NETWORK Eduardo/Mark/Sean, "Non voglio che lui ti tocchi."

[identity profile] skyearth85.livejournal.com 2010-12-22 05:05 pm (UTC)(link)
e di che dovremmo scusarti? XD

eheh trovo che sia il triangolo amoroso più interessante dell'anno questo XD
Edited 2010-12-22 17:05 (UTC)

(no subject)

[identity profile] diana9241.livejournal.com - 2012-06-22 12:53 (UTC) - Expand

THE SOCIAL NETWORK Eduardo/Mark, "Truth be told, I miss you / and truth be told I'm lying" (The All-

[identity profile] eyes-of-venom.livejournal.com 2010-12-22 02:47 pm (UTC)(link)
“La verità è che mi manchi.”
Sei parole, dette con neanche troppa convinzione, ed Eduardo era scattato in piedi gettando per terra la propria sedia, guadagnandosi gli sguardi indignati di tutti i ricchi clienti dell'esclusivo ristorante in cui stavano cenando.
Bastava seriamente così poco? Elaborò la domanda nella sua testa, ma non si fermò a pensarci troppo. Afferrò Mark per il polso e se lo tirò dietro verso i bagni, poi dentro uno dei cubicoli. Lo baciò, violentemente e senza troppe storie. Mark aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse immediatamente quando Eduardo gli tirò giù la zip e prese ad accarezzarlo attraverso i boxer.
Forse stava sbagliando. Aveva sempre fatto così, era sempre bastata una parola di apprezzamento da parte di quel gran coglione e lui tornava con la coda fra le gambe. Non era mai stato così esplicito, però. Mark rispose al bacio, inarcando il bacino verso la mano di Eduardo, che spostò la mano libera a stringere probabilmente troppo forte i suoi capelli per fargli gettare indietro il capo e cominciare a disegnare piccoli cerchi sulla sua gola. Lo sentiva gemere. Avrebbe voluto sentirlo implorare, ma lo conosceva troppo bene per credere che l'avrebbe fatto. Gli tirò giù i boxer, prese a muovere la mano lungo la sua erezione con fare lento. Mark aveva gli occhi chiusi e le guance in fiamme. Eduardo sorrise fra sé prima di inginocchiarsi e passare la lingua lungo la sommità del suo pene. Sentì le mani di Mark afferrargli i capelli mentre accompagnava al movimento della mano quello della sua bocca.
“Cazzo...”
Sussurrò Mark. Eduardo lo prese come un complimento. Fece scivolare lentamente la mano con cui lo stava masturbando fra le sue natiche, cominciando a premere leggermente due dita contro la sua apertura. Quando le due dita furono dentro Mark sembrò dimenticare completamente dove fosse e cominciò a gemere ed ansimare, lasciandosi andare ad un mantra di: “sìsìsìsìsìsì...” che ben presto risultarono l'unico pensiero coerente di entrambi. Venne con un tremito, e per poco non crollò per terra, tradito dalle proprie ginocchia. Fu Eduardo a reggerlo, sollevandosi e premendosi contro di lui.
“Sai, stavo mentendo riguardo al mancarmi.”
Disse. Lo disse molto velocemente e senza guardarlo negli occhi. Eduardo gli pizzicò forte un fianco.



(Same here, same here xDDD)
ext_18115: (pornodrillo)

Re: THE SOCIAL NETWORK Eduardo/Mark, "Truth be told, I miss you / and truth be told I'm lying" (The

[identity profile] skyearth85.livejournal.com 2010-12-22 05:08 pm (UTC)(link)
LOL questo fandom ha una fissa dei bagni, chissà come mai XD!!!

Cmq mi piace che senza mettersi d'accordo il fandom italiano stia utilizzando l'aggettivo cogliano per Mark!

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